Horthy nacque in una cittadina nell'attuale provincia di Jász-Nagykun-Szolnok da una famiglia calvinista della piccola nobiltà ungherese.
Destinato fin dal principio a una carriera militare, fece ben presto una notevole carriera e dal 1909 al 1914 prestò servizio come aiutante dell'imperatore Francesco Giuseppe. Verso la fine della prima guerra mondiale raggiunse il grado di contrammiraglio e divenne infine l'ultimo comandante supremo della imperial-regia marina austro-ungarica.
In seguito al crollo dell'Impero austro-ungarico e alla formazione di un governo comunista da parte di Béla Kun, nel 1919 Horthy appoggiò il controgoverno anticomunista formatosi a Seghedino, di cui divenne ministro della guerra con lo scopo di opporsi al regime di Kun. Horthy uscì vittorioso e alla testa delle truppe anticomuniste fece il suo ingresso a Budapest il 16 novembre 1919.
Il nuovo governo si affrettò a ristabilire la monarchia in Ungheria, ma un ritorno degli Asburgo parve in quel momento politicamente irrealizzabile alla luce del nuovo assetto dei paesi dell'Europa centrale. Per questa ragione l'assemblea nazionale ungherese proclamò il 1º marzo 1920 Horthy capo provvisorio dello Stato col titolo di reggente (ungherese: kormányzó).
L'ammiraglio Horthy dovette innanzitutto accettare le dure condizioni del trattato di pace del Trianon (1920), per effetto del quale l'Ungheria perse due terzi della propria superficie territoriale e della propria popolazione d'anteguerra, assieme alla propria secolare condizione di Stato multietnico. Successivamente però si pose al vertice di una politica revisionista che col motto "nem, nem, soha!" ("no, no, mai!") mirava a riottenere i territori perduti e a ricostituire il regno di Santo Stefano fino alle proprie frontiere storiche.
Conscio della debolezza militare del proprio paese, ma anche dell'antipatia verso gli Asburgo diffusa in vaste fasce della popolazione, Horthy impedì nel 1921 due disperati tentativi dell'ex re Carlo d'Asburgo di fare ritorno in Ungheria. Nel secondo caso addirittura ricorrendo all'uso delle armi a Budaörs, presso le porte di Budapest (29 ottobre 1921). Horthy volle con ciò scongiurare un'aggressione militare da parte degli Stati della Piccola Intesa (Cecoslovacchia, Romania e Regno di Jugoslavia), alleanza militare che aveva per l'appunto tra i suoi obiettivi quello di ostacolare una restaurazione asburgica.
Di fronte all'eccessiva debolezza politico-militare dell'Ungheria per sostenere una politica revisionista, Horthy cercò di rompere l'isolamento magiaro avvicinandosi negli anni Trenta all'Italia fascista e all'"austrofascismo" di Engelbert Dollfuss, politica che culminò con i Protocolli di Roma del 17 marzo 1934. Dell'avvicinamento all'Italia è testimonianza la visita di Stato del 1936, durante la quale Horthy, il 26 novembre, visitata Roma e il Palazzo del Quirinale e reso omaggio al Milite ignoto presso l'Altare della patria, presenziò a una rivista navale nel golfo di Napoli con Vittorio Emanuele III e Mussolini, a bordo dell'incrociatore Zara[1].
In seguito all'ascesa della Germania nazista, la maggiore potenza revisionista del continente, la politica ungherese iniziò a immaginare possibile una revisione dei trattati di pace con il sostegno di Berlino e Roma. Questo avvicinamento trovò i primi frutti con la Conferenza di Monaco e con il susseguente Primo Arbitrato di Vienna del 2 novembre 1938, che attribuì all'Ungheria vaste porzioni della Slovacchia meridionale, abitate da magiari.
Sebbene nel periodo tra le due guerre l'Ungheria non sia mai diventata completamente una dittatura e il parlamento non fosse stato completamente esautorato, la reggenza di Horthy fu caratterizzata tuttavia dai tratti di un regime autoritario.
Come profondo conservatore Horthy ebbe sempre l'obiettivo di mantenere inalterato l'ordine sociale ungherese, per cui mantenne i privilegi dell'aristocrazia e ne difese il ruolo portante dello Stato. Negli anni di governo si scostò parzialmente dalla radicalità del "programma di Seghedino", cui tuttavia aveva aderito; pur volendo integrare paternalisticamente i lavoratori e i contadini nel nuovo Stato, Horthy non introdusse alcuna sostanziale riforma agraria per non ledere gli interessi della nobiltà. Durante il regime di Horthy si assistette anche alla creazione di leggi discriminatorie nei confronti degli ebrei. Già nel 1921 infatti, sotto il governo del Primo Ministro Pál Teleki, venne emanata una legge che fissava un numero chiuso per gli studenti universitari in base alle percentuali delle etnie presenti in Ungheria. Per gli ebrei, che costituivano all'epoca circa il 20% della popolazione universitaria ungherese, venne fissato il tetto del 6%. Quella del 1921 fu la prima legislazione di questo tipo adottata in Europa dopo la fine della prima guerra mondiale. La legislazione antiebraica intesa come tale venne introdotta nel 1938 dal governo di Kálmán Darányi con nuove disposizioni discriminatorie che, di fatto, prepararono il terreno alle successive deportazioni naziste.
Nel corso degli anni l'ammiraglio Horthy tese sempre più a estendere i propri poteri a spese del parlamento, fino ad avvicinarsi al ruolo di monarca, al punto che nel 1937 gli mancavano solamente la supremazia sulla Chiesa cattolica, l'ereditarietà della carica e il diritto di conferire titoli nobiliari.
Horthy rimase al vertice della "monarchia senza re" fino alla sua deposizione e arresto nel 1944 da parte dei tedeschi, in seguito al fallito tentativo di un armistizio separato con l'Unione Sovietica.
Liberato dopo il 1945 su pressioni degli Stati Uniti, fu risparmiato dalle accuse di crimini contro l'umanità e riparò in esilio in Portogallo. Negli ultimi suoi anni di vita difese sempre la propria politica estera revisionista e dichiarò di aver solamente agito per il bene della sua patria. Secondo quanto scrisse nelle sue memorie, fu turbato dal fallimento della rivoluzione ungherese del 1956. Nel suo testamento scrisse di non essere sepolto in Ungheria "fino a quando l'ultimo soldato russo non l'avesse lasciata". La sepoltura nella cittadina natale di Kenderes avvenne infatti solo nel 1993, due anni dopo che le truppe sovietiche avevano lasciato l'Ungheria, e fu oggetto di controversie[2].
Horthy ha avuto due figli, Miklós Horthy jr e István Horthy.