Severus Alexander (208-235)

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Severus Alexander (208-235)from the Wikipedia
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Alessandro Severo
Busto di Alessandro conservato al Louvre. Proveniente dalla collezione di papa Pio VI, fu preso da Napoleone e poi scambiato nel 1815.
Busto di Alessandro conservato al Louvre. Proveniente dalla collezione di papa Pio VI, fu preso da Napoleone e poi scambiato nel 1815.
Imperatore romano
In carica 13 marzo 222 – 18/19 marzo 235
Predecessore Eliogabalo
Successore Massimino Trace
Nome completo Marcus Bassianus Alexianus (alla nascita)
Marcus Aurelius Alexander (da cesare)
Marcus Aurelius Severus Alexander (da augusto)
Altri titoli Parthicus maximus[1][2] e Persicus[1] (232).
Nascita Arca Caesarea, 1º ottobre 208
Morte Mogontiacum, Germania superiore, 18/19 marzo 235 (26 anni)
Sepoltura Monte del Grano
Dinastia severiana
Padre Marco Giulio Gessio Marciano
Madre Giulia Mamea
Coniuge Sallustia Orbiana

Alessandro Severo (Arca Caesarea, 1º ottobre 208Mogontiacum, 18 o 19 marzo 235) è stato un imperatore romano.

(LA)

« Quod tibi fieri non vis, alteri ne feceris »

(IT)

« Non fare agli altri quel che non vuoi sia fatto a te[3] »

Nato Marco Bassiano Alessiano (latino: Marcus Bassianus Alexianus) e appartenente alla dinastia severiana, fu adottato dal cugino e imperatore Eliogabalo (222), che lo nominò cesare e gli fece assumere il nome di Marco Aurelio Alessandro (latino: Marcus Aurelius Alexander); alla morte di Eliogabalo, assassinato dai soldati, Alessandro salì al trono assumendo il nome di Marco Aurelio Severo Alessandro (latino: Marcus Aurelius Severus Alexander[4]).

Data la sua giovane età (salì al trono a tredici anni), il potere fu effettivamente esercitato dalle donne della sua famiglia, la nonna Giulia Mesa e la madre Giulia Mamea. Amato dalla classe senatoriale, cui mostrò sempre rispetto, non riuscì a guadagnarsi il favore dell'esercito. Nel 235 fu assassinato dai soldati durante una campagna contro le tribù germaniche in quanto stava trattando un accordo col nemico e salì al trono un generale di origine barbarica e di grandi capacità militari, Massimino Trace.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Crisi del III secolo.

Origini familiari[modifica | modifica wikitesto]

Denario con l'effigie di Giulia Mesa, nonna materna di Alessandro e principale artefice della sua ascesa al potere, insieme alla figlia.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Dinastia dei Severi.

Bassiano[5] Alessiano[6] (questo il nome originario di Alessandro Severo) nacque il 1º ottobre 208[7] ad Arca Caesarea,[8] in Fenicia. Suo padre era Marco Giulio Gessio Marciano,[9] un funzionario di rango equestre che ebbe più volte l'incarico di procuratore imperiale,[10] sua madre Giulia Avita Mamea, al secondo matrimonio;[11] oltre ad Alessiano la coppia aveva avuto una figlia,[12] e forse anche un figlio di nome Marco Giulio Gessio Bassiano.[13]

La madre di Alessandro, Giulia Avita Mamea, era figlia del consolare Gaio Giulio Avito Alessiano e di Giulia Mesa, a sua volta figlia di Giulio Bassiano, sacerdote del culto solare di El-Gabal ad Emesa (Siria); Alessiano e Mesa avevano anche un'altra figlia, Giulia Soemia Bassiana, moglie del siriano Sesto Vario Marcello e madre di Sesto Vario Avito Bassiano (l'imperatore Eliogabalo, regnante dal 218 al 222, che quindi era cugino di Alessandro). La nonna materna di Alessandro, Giulia Mesa, era sorella di Giulia Domna, moglie dell'imperatore Settimio Severo (193-211) e madre degli imperatori Caracalla (198-217) e Geta (209-211). Per parte materna Alessandro era legato alla famiglia reale di Emesa, i cui membri erano sovrani di Emesa e sacerdoti del dio solare El-Gabal.[14]

Secondo l'Historia Augusta, Alessandro ricevette un'ottima educazione, sia nelle discipline civili che in quelle militari. Ebbe numerosi maestri, sia nella sua città natale che a Roma, che gli insegnarono filosofia, grammatica e retorica; tra questi il grammatico Scaurino figlio di Terenzio Scaurino, maestro di Lucio Vero. L'Historia racconta anche che non era molto bravo a fare discorsi in lingua latina, come si ebbe a vedere dai suoi discorsi in senato o davanti ai soldati.[15]

Albero genealogico dei Severi.
Ritratto di Giulia Avita Mamea, madre di Alessandro e influente consigliera del figlio durante i suoi anni di regno.

Alla nascita di Alessandro, l'impero era condiviso tra Settimio Severo e Caracalla, con l'associazione al trono di Geta nel 209; alla morte di Severo (211), i due figli ressero per un po' il regno insieme, fin quando, quello stesso anno, Caracalla assassinò Geta e tenne il potere da solo. Nel 217 Caracalla fu ucciso dalle sue stesse truppe, che acclamarono imperatore Macrino, il prefetto del pretorio di Caracalla; il nuovo imperatore, però, commise l'errore di rimandare la ricca Giulia Mesa, con le figlie e i nipoti, nella loro città d'origine, ad Emesa. Approfittando dei problemi della finanza imperiale e del malcontento delle truppe conseguente ad una riduzione delle paghe, Mesa corruppe i legionari della Legio II Parthica, di stanza ad Emesa, i quali acclamarono imperatore il cugino di Alessandro, Eliogabalo, il 16 maggio 218. Macrino tentò di riguadagnare il favore dei soldati (in questa occasione vanno inseriti gli episodi dell'assassinio della sorella e del cognato di Alessandro da parte del prefetto del pretorio Ulpio Giuliano e della morte di Gessio Marciano, padre di Alessandro),[12] ma fu sconfitto nella battaglia di Antiochia e, dopo una lunga fuga, ucciso.[16]

Salito al trono Eliogabalo si comportò come un monarca orientale, introducendo a Roma il culto del dio solare El-Gabal di cui era gran sacerdote, e adottando costumi orientali alieni alla mentalità romana; le sue eccentricità,[17] la sua complessa identità sessuale e la sua relazione con l'auriga Ierocle,[18] oltre che il matrimonio con la vergine vestale Aquilia Severa,[19] gli alienarono le simpatie del popolo e della stessa guardia pretoriana; pesò negativamente anche l'assunzione del consolato per tre volte consecutive (218, sostituendo Macrino, 219 e 220), una scelta che era stata fatta per l'ultima volta da Domiziano e da allora considerata un segno di dispotismo.[20]

Cesare (221-222)[modifica | modifica wikitesto]

Secondo lo storico Erodiano, [21] contemporaneo di Alessandro Severo, il giovane Alessiano Bassiano scelse di adottare il nome "Alessandro" al momento della nomina a cesare in onore di Alessandro Magno, qui raffigurato su di una moneta provinciale romana coniata proprio sotto il regno di Alessandro Severo.

Quando Giulia Mesa si accorse che il sostegno popolare ad Eliogabalo stava crollando rapidamente, decise che lui e sua madre Giulia Soemia, che lo aveva incoraggiato nelle sue pratiche religiose, dovessero essere rimpiazzati da qualcuno di più affidabile e popolare. Per trovare un sostituto al soglio imperiale all'interno della dinastia, Giulia Mesa si rivolse all'altra figlia, Giulia Mamea, e al di lei figlio, il tredicenne Alessiano, e convinse Eliogabalo ad associare il cugino al potere, per lasciare a lui le cure secolari e meglio dedicarsi a quelle religiose.[21]

Alessiano assunse il nome di Marco Aurelio Alessandro: "Marco Aurelio Antonino" era infatti il nome ufficiale dell'imperatore meglio noto come Caracalla, il quale, secondo la propaganda orchestrata da Mesa e dalle sue figlie per ottenere la fedeltà delle legioni, sarebbe stato il padre sia di Eliogabalo (il cui nome era appunto "Marco Aurelio Antonino")[22] che di Alessiano, entrambi avuti da relazioni adulterine; il nome "Alessandro" fu invece scelto come riferimento ad Alessandro Magno.[21]

Il 26 giugno[23] 221 Eliogabalo adottò il cugino e lo nominò cesare,[24] scegliendolo come collega per il consolato per l'anno successivo (222). Erodiano racconta la singolare situazione in cui si trovò il Senato romano, che dovette ratificare un'adozione per cui un ragazzo di circa sedici anni diventava il padre di uno di dodici.[21] Cassio Dione narra come secondo l'imperatore era stato il dio El-Gabal stesso a suggerirgli l'adozione e la scelta del nome del cugino-figlio adottivo.[25] Il nome completo del cesare Alessandro lo collegava esplicitamente agli imperatori della dinastia severiana: Imp. Caes. M. Aurelii Antonini Pii Felicis Aug. fil., divi Antonini Magni Pii nepos, divi Severi pronepos M. Aurelius Alexander, nobilissimus Caesar imperi et sacerdotis, princeps iuventutis.[26]

Moneta raffigurante Alessandro da cesare e celebrante la sua indulgenza.

Eliogabalo associò il cugino e figlio adottivo nelle sue pratiche religiose, facendolo diventare sacerdote, e tentò di fargli assumere i propri costumi.

Giulia Mamea, tuttavia, si oppose e, tenendo lontano il figlio dall'imperatore e dalla sua cerchia più stretta, fece impartire al figlio una classica educazione greco-romana curando principalmente le virtù della moderazione e dell'autocontrollo mentre Alessandro, per propria inclinazione, praticava anche la lotta.

L'imperatore ne fu contrariato e iniziò a rimpiangere di aver associato al potere il cugino: decise allora di allontanare i maestri dal palazzo imperiale, mettendone a morte diversi con l'accusa di corrompere il cesare con i loro insegnamenti.[27]

Mano a mano che Eliogabalo progrediva nel suo comportamento eccentrico e dispotico, crescevano le aspettative dei Romani, e in particolar modo dei Pretoriani, nei riguardi del giovane Alessandro e Giulia Mamea assecondava la loro inclinazione con frequenti donativi in modo da acquisirne il favore.

Elagabalo si inquietò ancor di più e tentò di danneggiare la reputazione del figlio adottivo e, non riuscendoci, iniziò a tramare per eliminarlo. Mamea, tuttavia, diede disposizioni affinché Alessandro non mangiasse cibi inviati o preparati da inservienti dell'imperatore, ma solo quello cucinato da personale di fiducia.

Le precauzioni prese da Mamea e, in particolare, dall'esperta Giulia Mesa, bastarono a respingere i maldestri tentativi dell'imperatore di sbarazzarsi rapidamente del figlio adottivo,[28] e alla fine Eliogabalo decise di agire più direttamente, tentando di togliere al cugino il titolo di cesare e impedendogli di comparire in pubblico.[29]

L'allontanamento di Alessandro dalla vita pubblica mise in subbuglio i soldati, specie quelli che erano stati chiamati al suo servizio. Una prima volta i Pretoriani si ribellarono e continuarono la sommossa fin quando Eliogabalo si recò al loro campo con Alessandro, e dopo averli pregati di rientrare nei ranghi, dovette accettare le loro condizioni e consegnare loro alcuni suoi compagni di vizio, tra cui Ierocle, il suo amante ufficiale.[30] Eliogabalo decise di mettere nuovamente alla prova il legame dei Pretoriani col giovane cesare e fece diffondere la voce che Alessandro era caduto ammalato.

I pretoriani, addolorati e arrabbiati, si rifiutarono per la seconda volta di prestare servizio e si rinchiusero nel loro accampamento, chiedendo che Alessandro fosse loro mostrato nel tempio del castrum ed Eliogabalo, spaventato dalla loro reazione, si recò all'accampamento assieme al cugino. Quando i due cugini giunsero all'accampamento, i pretoriani acclamarono Alessandro, ignorando Eliogabalo; l'imperatore, furibondo, diede l'ordine di mettere a morte per tradimento i soldati che avevano acclamato il cesare ma non l'imperatore. I Pretoriani, stanchi delle eccentricità di Eliogabalo, si ammutinarono e lo uccisero assieme alla madre Giulia Soemia.[31]

Il 13 marzo 222 Alessandro fu proclamato imperatore dai pretoriani, col nome di Marco Aurelio Severo Alessandro;[32] il Senato gli concesse il titolo di augusto e di pater patriae, oltre alla potestà tribunizia, al comando proconsolare, al pontificato massimo e al diritto di fare cinque proposte di legge per ogni seduta del Senato.[26][33]

Regno (222-235)[modifica | modifica wikitesto]

Ritratto di Sallustia Orbiana, moglie di Alessandro dal 225, esiliata in Libia nel 227 dopo la caduta di suo padre Lucio Seio Sallustio, accusato di aver progettato la morte di Alessandro.

Alessandro era molto giovane quando salì al trono, e il potere effettivo fu nelle mani delle donne della sua famiglia, l'influente nonna, Giulia Mesa, che però morì presto, forse già nel 223, e la madre Giulia Avita Mamea, che lo affiancò per tutto il suo regno.

« Ma Alessandro era un giovane modesto e rispettoso di soli diciassette anni e le redini del governo rimasero nelle mani di due donne, sua madre Mamea e sua nonna Mesa. Dopo la morte di quest'ultima, che poco sopravvisse all'elevazione di Alessandro, Mamea rimase l'unica reggente del figlio e dell'impero.[34] »

Alessandro tentò di ridare lustro al Senato romano, e formò un collegio di sedici senatori che lo consigliassero nelle materie di governo; tra questi sedici senatori vi erano due eminenti giuristi Eneo Domizio Ulpiano e Giulio Paolo.[26]

Alessandro rimosse i funzionari del cugino maggiormente compromessi, evitando una generale rivoluzione nelle cariche; ad esempio confermò in carica come prefetti del pretorio Giulio Flaviano e Geminio Cresto, due esperti militari. Nello stesso anno di ascesa al trono, però, nominò Ulpiano (che all'epoca era prefetto dell'annona) supervisore dei due prefetti pretoriani; il giurista, col sostegno dell'imperatore e di sua madre, divenne una sorta di co-imperatore, esercitando grande influenza sul giovane imperatore, che lo chiamava parens, "genitore".[35] La scelta suscitò delle recriminazioni tra i militari,[36] in quanto Ulpiano non aveva alcun merito dal punto di vista militare; secondo Zosimo, Mamea venne a conoscenza di un tentativo di rovesciare Ulpiano e fece mettere a morte gli attentatori, mentre lo stesso Ulpiano, secondo Cassio Dione che pure gli riconosce di aver utilizzato il nuovo ruolo per correggere alcune aberrazioni introdotte da Eliogabalo, fece mettere a morte Flaviano e Cresto per subentrare loro, e infatti, nel tardo 222, Alessandro nominò dunque prefetti del pretorio lo stesso Ulpiano e Paolo.[37] I pretoriani, però, non gradirono gli eventi, e decisero di assassinare Ulpiano, tendendogli un agguato nottetempo; Ulpiano riuscì a sfuggire ai sicari, rifugiandosi a palazzo da Alessandro e dalla madre, ma quando i Pretoriani insistettero che gli fosse consegnato il loro prefetto, Alessandro non fu in grado di salvargli la vita (tardo 223-metà 224).[38]

Nel 225 sposò Sallustia Orbiana, figlia del prefetto del pretorio Lucio Seio Sallustio, il quale fu forse elevato al rango di cesare. Nel 227, però, Sallustio fu accusato di aver tentato di assassinare Alessandro e fu messo a morte; Sallustia fu allora esiliata in Libia.[26] Secondo Erodiano, Alessandro amava la moglie e viveva con lei, ma Sallustia fu allontanata dal palazzo da Giulia Mamea, che era gelosa del titolo di augusta ottenuto dalla nuora; indispettito dall'arroganza di Mamea ma in debito con Alessandro per i favori da lui concessigli, Sallustio decise di ritirarsi presso il campo dei pretoriani, ma Mamea lo mandò ad arrestare e mettere a morte, esiliando la nuora; il tutto sarebbe avvenuto, secondo Erodiano, contro il volere di Alessandro, il quale però non ebbe il coraggio di opporsi alla propria madre.[39]

Amministrazione imperiale[modifica | modifica wikitesto]

Tra i primi atti del nuovo imperatore vi fu la formazione di un consilium con sedici tra i più eminenti e moderati senatori, tra cui i giuristi Eneo Domizio Ulpiano e Giulio Paolo e lo storico Cassio Dione Cocceiano. Secondo Erodiano l'imperatore consultava i propri consiglieri su ogni decisione e non prendeva provvedimenti che non avessero ricevuto l'approvazione unanime.[40]

Tutti coloro che indegnamente avevano raggiunto alte cariche sotto Eliogabalo, furono rimossi e rimandati alle loro precedenti mansioni.[41] Gli interessi dello Stato furono affidati ad avvocati e oratori competenti, mentre gli incarichi militari furono assegnati a ufficiali con esperienza comprovata.[42]

Per tenerlo lontano da cattive compagnie che potessero traviarlo, la madre Giulia Mamea gli impose di presenziare quotidianamente e a lungo come giudice nei processi. Alessandro, inoltre, si mostrò molto indulgente e nei casi in cui era prevista la pena di morte garantiva spesso il perdono per evitare di comminare la pena capitale; Erodiano riporta che nessuno poteva ricordare, dopo diversi anni del suo regno, un episodio in cui un uomo era stato messo a morte senza processo.[43]

Formò anche un consiglio municipale di quattordici prefetti urbani che amministravano gli altrettanti distretti di Roma. Furono cancellati il lusso e la stravaganza che tanto avevano prevalso a corte; fu migliorato lo standard del conio; furono alleggerite le tasse; furono incoraggiate la letteratura, le arti e la scienza; fu aumentata l'assegnazione di terre ai soldati.

Onorò sia Cassio Dione che lo storico Mario Massimo con un secondo consolato.[26]

Nell'interesse del popolo, furono istituite agenzie di prestito a basso interesse (4%), e acquistò grano a proprie spese, donandolo cinque volte al popolo.[44]

Edilizia[modifica | modifica wikitesto]

A Roma Alessandro fece restaurare e re-intitolare le Terme di Nerone, che presero il nome di Terme alessandrine (227); fece costruire l'Acquedotto alessandrino per alimentarle, le recintò con un bosco piantato al posto di costruzioni da lui acquistate e fatte demolire, decretò delle tasse per curarne la manutenzione, adibì alcuni boschi a fornire il legname per il loro funzionamento e le rifornì di olio da illuminazione.[45] Fece anche restaurare le Terme di Caracalla, cui aggiunse un portico; inoltre decretò che fosse reintrodotta la legge che proibiva la presenza a Roma di terme destinate ad ambo i sessi, abrogata da Eliogabalo.[46] Fece costruire sul Palatino le Diaetae Mammaeae, una residenza destinata ad accogliere la madre.[26]

Raccolse molte statue di uomini illustri per ornare il Foro di Traiano e decorò il Foro di Nerva con statue di imperatori divinizzati, provvedette alle necessità del tempio di Iside e Serapide, curò la manutenzione del Teatro di Marcello, del Circo Massimo, dello Stadio di Domiziano e il restauro del Colosseo, colpito da un fulmine durante il regno di Macrino, finanziando i lavori con le tasse su procuratori, prostitute e catamiti.[47]

A Dougga, in Tunisia, è ancora conservato in buone condizioni un arco eretto in suo onore.[48]

Religione[modifica | modifica wikitesto]

Ritratto di Alessandro Severo, risalente al 225/226, Firenze.

Secondo la Historia Augusta, Alessandro pregava tutte le mattine presso il suo larario personale, in cui teneva le statue di alcuni tra gli imperatori romani divinizzati e di alcuni personaggi di spessore morale, come Apollonio di Tiana e, secondo alcune testimonianze contemporanee, di Cristo, Abramo e Orfeo; teneva pure una statua di Alessandro Magno, suo "antenato".[49]

Ebbe molto rispetto per la religione romana tradizionale, a differenza del cugino e predecessore, mostrando deferenza per i pontefici, per gli auguri e per i quindecemviri sacris faciundis (i custodi dei Libri sibillini, un collegio di cui anche l'imperatore faceva parte). In talune occasioni permise anche che questioni religiose sulle quali si era già espresso fossero riaperte e condotte in maniera differente. Ogni sette giorni, quando era a Roma, saliva al tempio di Giove Capitolino e visitava frequentemente anche gli altri templi.[50] Tra i suoi primi atti di "normalizzazione" dopo gli eccessi del cugino vi fu quello di far rimettere al loro posto nei vari templi tutte le statue d'oro e gli arredi sacri che Eliogabalo aveva fatto raccogliere nell'Elagabalium, il tempio che aveva fatto costruire a Roma al dio El-Gabal.[41] Quando la nonna Giulia Mesa morì, Alessandro la fece divinizzare.[42]

Il suo regno fu un periodo felice per gli ebrei e i cristiani; ai primi confermò i privilegi antichi, mentre non molestò i secondi. Secondo l'Historia progettò di dedicare un tempio a Cristo e di includerlo tra gli dèi, ma desistette quando gli auguri gli dissero che in quel caso tutti si sarebbero convertiti al cristianesimo e gli altri templi sarebbero stati chiusi. Fece inoltre suo un motto ascoltato da un giudeo o da un cristiano, «Quod tibi fieri non vis, alteri ne feceris» ("non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te"); lo ripeteva di frequente e lo fece incidere, secondo l'Historia, sul suo palazzo e in altri luoghi pubblici.[51]

Esercito[modifica | modifica wikitesto]

Infine, le esigenze difensive indussero il sovrano e i comandi ad adottare alcune importanti modifiche tattiche dell'esercito di cui fu un esempio il ritorno allo schieramento falangitico di più legioni contemporaneamente, fino a costituire una massa d'urto di 6 legioni raggruppate, fianco a fianco, senza alcun intervallo[52].

Inoltre, per migliorare la mobilità dei reparti, Alessandro incentivò l'arruolamento di unità ausiliarie di arcieri e di cavalleria corazzata, i cosiddetti catafrattari o clibanarii, reclutati in Oriente ed in Mauretania[53] ed infine l'utilizzo presso tutte le fortezze del limes di nuovi modelli di catapulte (ballistae, onagri e scorpiones), al fine di tenere impegnato il nemico fino all'accorrere delle "riserve strategiche"[54][55].

Campagna sasanide (230-233)[modifica | modifica wikitesto]

Sesterzio coniato da Alessandro e celebrante la sua profectio, la partenza per la guerra sasanide.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Campagna sasanide di Alessandro Severo.

Tra il 224 e il 226/227 avvenne ad Oriente dell'Impero romano un episodio cruciale, che cambiò il corso della storia romana nel III secolo: l'ultimo imperatore dei Parti, Artabano V, fu rovesciato e il rivoltoso, Ardashir I, fondò la dinastia sasanide, destinata a essere avversaria orientale dei Romani fino al VII secolo.[56] Tra il 230 e il 233 circa i Sasanidi e i Romani si scontrarono per la prima volta: il casus belli fu la rivendicazione da parte dei Sasanidi del possesso di tutto l'Impero achemenide, del quale affermavano di essere diretti eredi, includendo i territori ora romani dell'Asia Minore e del Vicino Oriente. Della campagna sasanide di Alessandro Severo esistono due racconti contrastanti: Erodiano non ha remore a mostrare gli errori dell'imperatore romano nella conduzione della guerra e descrive una situazione negativa per i Romani, salvo poi raccontare che i Sasanidi alla fine accettarono lo status quo; al contrario, nella Historia Augusta, nel Cesari di Aurelio Vittore e nel Breviario di storia romana di Eutropio, si racconta della grandiosa vittoria di Alessandro sui nemici dell'impero.[57]

Secondo il racconto di Erodiano, la reazione di Alessandro alle pretese sasanidi fu quella di scrivere ad Ardashir, proponendogli di mantenere lo status quo e ricordandogli le vittorie romane sui Persiani; l'ambasciata non ebbe effetto, dato che il sovrano sasanide scese sul campo di battaglia. All'inizio della campagna (230), i Sasanidi penetrarono nella provincia romana della Mesopotamia cercando, senza riuscirvi, di conquistare Nisibis e compirono diverse incursioni in Siria e Cappadocia.[58]

Alessandro organizzò allora una spedizione militare, raccogliendo a Roma un numero di truppe pari a quelle del nemico e scegliendo i migliori soldati. Erodiano riporta il discorso che Alessandro fece di fronte alle truppe schierate e racconta di come i soldati fossero incoraggiati dalle parole dell'imperatore; dopo aver distribuito denaro alle truppe, Alessandro si recò al Senato per fare un discorso simile e rendere pubbliche le sue intenzioni. Il giorno della partenza, dopo aver presenziato ai sacrifici di rito, l'imperatore lasciò Roma (231); Erodiano racconta di come Alessandro si volse più volte a guardare la città, piangendo, e di come piangessero anche sia i senatori che il popolo che accompagnò l'amato imperatore.[59]

Multiplo d'oro di Alessandro, coniato nel 230 circa e conservato al Cabinet des Médailles della Bibliothèque nationale de France assieme alle altre notevoli medaglie provenienti dal "Tesori di Tarso". L'imperatore ottenne e mantenne il sostegno dell'esercito con frequenti donativi.

Dopo essere passato per l'Illirico, dove raccolse altre numerose truppe, raggiunse l'anno successivo (232) Antiochia di Siria, dove fece addestrare le truppe nelle condizioni ambientali delle province orientali. Fece allora un ulteriore tentativo di mediazione, offrendo pace e amicizia ad Ardashir, ma questi non solo mandò indietro gli inviati romani a mani vuote, ma mandò a sua volta ad Alessandro quattrocento soldati di aspetto imponente e riccamente vestiti, con un rinnovato invito ad abbandonare le terre fino al Bosforo; Alessandro reagì alla provocazione arrestando i quattrocento inviati sasanidi e li mandò a coltivare terre in Frigia, senza però metterli a morte. L'imperatore romano decise di far passare all'esercito le frontiere naturali del Tigri e dell'Eufrate, ma si trovò ad affrontare ammutinamenti delle truppe e persino la proclamazione di un usurpatore, Taurino; sebbene questi pericoli avessero breve vita, Alessandro decise di tenere con sé solo le truppe più affidabili e, dietro consiglio dei propri generali, divise l'esercito in tre parti, tenendo per sé quella più forte e destinata all'attacco al centro del fronte, mentre le altre due avrebbero dovuto attaccare a nord e a sud. La sua indecisione nell'avanzare, però, fece sì che al contingente meridionale venisse ad opporsi quasi l'intero esercito sasanide, che sconfisse i Romani infliggendo loro gravi perdite. Erodiano racconta che la causa dell'indecisione di Alessandro fu la sua paura di mettere in gioco la propria vita o le «paure femminili» di sua madre Giulia Mamea, che lo aveva seguito in Oriente. La notizia della disfatta giunse all'imperatore mentre questi era ammalato, e lo fece disperare; gli stessi soldati, minati da malattie causate dall'ambiente insalubre e dalla scarsità delle provviste, accusarono l'imperatore di aver causato la distruzione dell'esercito con la sua incapacità a mettere in atto i piani stabiliti. Alessandro ordinò allora che i due gruppi superstiti di truppe si recassero a svernare ad Antiochia: se il suo contingente perse numerosi uomini durante il viaggio, i soldati provenienti da nord furono praticamente decimati dalle temperature rigide delle montagne dell'Armenia; l'esercito, ridotto enormemente a causa di questi eventi, addossò la colpa delle sue perdite all'imperatore.[60]

Gli scontri tra Romani e Sasanidi, però, avevano indebolito enormemente anche l'esercito di Ardashir, che ne ordinò lo scioglimento per la pausa invernale tra il 232 e il 233. La notizia raggiunse Alessandro, la cui salute era migliorata ad Antiochia, dopo che aveva tentato di riottenere il favore dei propri uomini con un donativo e mentre stava preparando il prosieguo della campagna. Sebbene fosse convinto che il pericolo fosse terminato, Alessandro fu convinto a porre fine alle ostilità in Oriente anche dall'arrivo della notizia che gli Alemanni avevano passato Reno e Danubio e stavano saccheggiando campi e città in forze.[61]

Differentemente da Erodiano, di cui rigetta il racconto dei fatti, l'Historia Augusta riporta un'altra versione, confermata da Aurelio Vittore e da Eutropio, secondo la quale Alessandro avrebbe sconfitto Ardashir in battaglia. L'Historia aggiunge che l'imperatore prese personalmente parte alla battaglia, comandando il fianco destro romano, e obbligando alla rotta l'esercito sasanide, forte di settecento elefanti da guerra e mille e ottocento carri falcati, oltre che da migliaia di cavalieri; tornato ad Antiochia, Alessandro avrebbe diviso tutto il bottino tra gli uomini. Un'ulteriore differenza tra le due versioni riguarda il trionfo di Alessandro a Roma: secondo Erodiano l'imperatore si affrettò dalla frontiera orientale a quella settentrionale per far fronte alla minaccia germanica; l'Historia Augusta narra invece del suo ritorno nella capitale nel 233, dove avrebbe celebrato un trionfo sui Sasanidi (attestato dalla numismatica) con donativi al popolo e giochi.[62] L'Historia riporta anche un discorso di Alessandro di fronte al Senato romano, in cui l'imperatore rivendica modestamente il proprio successo.[57]

Campagna germanica (234-235)[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Invasioni barbariche del III secolo.

Secondo il racconto di Erodiano, mentre si trovava ancora ad Antiochia con l'esercito Alessandro fu raggiunto dalla notizia che gli Alemanni avevano attraversato in forze il limes germanico e stavano saccheggiando le province romane dell'Illirico, mettendo in pericolo anche l'Italia. Questa notizia causò malcontento nell'esercito, in particolare nelle truppe illiriche che erano state prelevate per la campagna sasanide indebolendo le difese della zona; i soldati imputavano all'imperatore sia l'indecisione nella guerra contro Ardashir che i pericoli in cui metteva le popolazioni illiriche. Sempre secondo Erodiano, Alessandro di mosse rapidamente dalla frontiera orientale all'Illirico con gran parte dell'esercito, senza passare da Roma.[63]

Evidenze numismatiche fanno propendere gli storici per la versione riportata dalla Historia Augusta, secondo la quale Alessandro tornò a Roma a celebrare il trionfo (233); per diversi mesi l'imperatore avrebbe goduto dell'aumento di popolarità dovuto alla campagna orientale, prima di essere raggiunto dalla notizia delle invasioni in Illirico e Gallia, ove si recò dopo aver richiamato l'esercito da Oriente (234).[64]

Alessandro si accampò a Magonza, presso il Reno, e impegnò i barbari facendo uso delle truppe more, osroene e parte che aveva portato dalla campagna d'Oriente. Decise però di non rischiare una guerra e di corrompere i barbari e ottenere una pace incruenta (235). Queste trattative non trovarono il favore dei soldati, sia in quanto essi deprecavano l'atteggiamento remissivo dell'imperatore di fronte ai nemici che avevano invaso e saccheggiato le loro terre,[65] sia in quanto una pace ottenuta in quel modo non avrebbe portato bottino per i soldati romani.[66]

Morte[modifica | modifica wikitesto]

Con l'imperatore Massimino Trace ebbe inizio il turbolento periodo dell' anarchia militare, che sarebbe terminato soltanto cinquant'anni dopo con Diocleziano.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Anarchia militare.

Alessandro fu ucciso il 18 o 19 marzo del 235 a Mogontiacum insieme alla madre, in un ammutinamento probabilmente capeggiato da Massimino Trace, un ufficiale della Tracia, che ad ogni modo si assicurò il trono.

Secondo Erodiano i soldati decisero di rovesciare Alessandro, considerato troppo effeminato, e di sostituirlo con Massimino, uno dei loro comandanti preferiti e dotato di maggiori capacità militari. Dopo aver acclamato Massimino imperatore, si recarono presso l'accampamento di Alessandro. Informato della sommossa, Alessandro si fece prendere dal panico e promise ai propri uomini di fare tutto quello che essi volevano in cambio della loro protezione, ma i soldati si rifiutarono di prendere le armi. Abbandonato dalle proprie truppe, Alessandro si ritirò presso la propria tenda, dove si trovava anche la madre Giulia Mamea, attendendo l'arrivo degli uomini di Massimino che li uccisero entrambi.[67]

La Historia Augusta, invece, racconta che dopo numerosi cattivi presagi, Alessandro fu ucciso in quanto aveva sorpreso un soldato germanico della sua scorta all'interno della sua tenda: il soldato, temendo di essere punito, avrebbe riunito i propri compagni e ucciso l'imperatore e la madre.[68]

In realtà lo scontento dei militari deve essere ricercato in questioni di natura diversa rispetto alla problematica della personalità indecisa del sovrano e può essere ricondotto alla tendenza dell'imperatore e di Giulia Mamea di favorire l'aristocrazia senatoria a scapito degli ufficiali dell'esercito come del resto alla politica finanziaria di prudente risparmio che incise, in misura non insignificante, proprio sui costi dell'armata suscitando il malcontento.[69]

Con la caduta dell'ultimo dei Severi, molte raffigurazioni di Alessandro e di sua madre furono intenzionalmente distrutte, per mostrare il sostegno al nuovo imperatore. Nel 238, con la morte di Massimino Trace e l'ascesa al trono di Gordiano III, Alessandro fu divinizzato e, per l'ultima volta, fu costituito un collegio di sodales in suo onore. A seguito di ciò, in molte iscrizioni in cui il suo nome era stato cancellato sotto Massimino, questo fu re-inciso.[70]

Alessandro fu inumato in un sarcofago, ora ai Musei Capitolini, assieme alla madre, e posto in un mausoleo, oggi noto come Monte del Grano, a Roma.

Titolatura imperiale[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Monetazione di Alessandro Severo.

La titolatura completa prevalente di Alessandro, come imperatore, fu Imperator Caesar Marcus Aurelius Severus Alexander Pius Felix Augustus. Curiosamente, nelle iscrizioni ritrovate a Roma, nel Latium Vetus, in Italia meridionale, in Spagna e nelle province orientali la forma preferita per il nome "Aurelius" è in effetti "Aurellius".

Nelle iscrizioni spagnole e, meno diffusamente in quelle orientali, si ritrova il titolo Dominus noster; tra gli altri titoli Invictus, Sanctissimus, Optimus et felicissimus princeps, Indulgentissimus princeps, Princeps optimus et fortissimus, Caelo demissus.[71]

Titolatura imperiale Numero di volte Datazione evento
Tribunicia potestas 15 anni: la prima il 14 marzo del 222, rinnovata poi annualmente il 10 dicembre.
Consolato 3 volte: nel 222 (I),[72] 226 (II)[73] e 229 (III).[74]
Titoli vittoriosi Parthicus maximus[1][2] e Persicus[1] nel 232.
Salutatio imperatoria 10 volte: la prima al momento della assunzione del potere imperiale nel 222 (I-II), 225 (III?), 227 (IV?), 228 (V?), 229 (VI?), 230 (VII?), 232 (VIII-IX?), 234 (X).
Altri titoli Pontifex Maximus[72] e Pater Patriae nel 222,[72] oltre a Pius e Felix.[72]

Alessandro Severo nella storiografia[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Ritratto di Severo Alessandro.

Antica e medievale[modifica | modifica wikitesto]

Testa da una statua in bronzo di Alessandro Severo.

È dubbio se, dopo la morte di Alessandro Severo, il suo successore, Massimino Trace, ne abbia decretato la damnatio memoriae, atto di competenza senatoriale di cui non ci sono giunte tracce né testimonianze. Ciò nonostante, alcuni suoi ritratti furono mutilati e sono note alcune epigrafi ove il nome del sovrano e di Giulia Mamea risultano erasi. In ragione della mancanza di un atto ufficiale, si è giunti, pertanto, a ritenere che le mutilazioni siano state atti spontanei, se non direttamente ordinati, certo ispirati dal suo successore[75] il quale, tuttavia, non regnò a lungo e fu ucciso nel 238 da soldati ammutinatisi presso Aquileia durante una rivolta fomentata dall'aristocrazia senatoria. Sulla scia di questo evento, il Senato decretò formalmente la damnatio memoriae per lo stesso Massimino[76] e promosse la divinizzazione di Alessandro Severo, in onore del quale fu istituito un collegio di sodales.[77]

Le fonti principali sul suo regno sono le opere storiografiche di Erodiano e Cassio Dione, oltre alla molto meno affidabile Historia Augusta, una raccolta di biografie dei principali imperatori da Adriano a Numeriano scritta oltre un secolo dopo gli eventi. Cassio Dione, storico, console durante il regno dello stesso Alessandro e rappresentante dell'aristocrazia senatoriale, ha lasciato un ritratto positivo dell'imperatore, di cui sottolineò principalmente la bontà d'animo, ma il suo racconto si ferma prima dell'inizio della campagna tedesca. Anche il giudizio di Erodiano è positivo, sebbene maggiormente sfumato: lo storico, infatti, descrive Alessandro come un sovrano dolce, benevolo e mite, ma privo di qualità militari, debole di carattere e dipendente dall'influenza materna, alla quale sono addebitati gli errori che causarono la caduta della dinastia dei Severi. Infine, viene criticata la descrizione dello sconforto del sovrano nei suoi ultimi giorni di vita, come se questi si trovasse di fronte ad un pericolo ineluttabile ed insormontabile; l'immagine è stata considerata una concessione di Erodiano agli effetti drammatici e ai suoi intenti morali.[78]

ll giudizio dell'Historia Augusta, invece, si spinge fino ad assumere toni da leggendaria glorificazione: in quest'opera, infatti, l'imperatore incarna l'ideale dell'Impero e la sua morte è considerata il punto di svolta che segna il passaggio dall'ordine al caos del III secolo. Molti dettagli contenuti nella biografia circa gli atti di governo dell'imperatore sono, però, da considerarsi mere invenzioni.[79]

Altri due autori tardi, Aurelio Vittore e Eutropio, descrivono Alessandro Severo in modo eccessivamente lusinghiero, attribuendogli le stimmate di comandante militare capace ed esperto, forse per via degli influssi della Historia Augusta,[80] e lo stesso Vittore pone la morte di Alessandro come l'inizio della decadenza dell'impero. Forse tale lusinghiero ritratto dell'imperatore è derivato dal netto contrasto con le stravaganze del predecessore e la crudeltà del successore, che indusse i due storici a sottolineare le virtù di Alessandro Severo, in particolar modo la pietà e il senso di giustizia.

Alessandro Severo viene descritto anche dall'imperatore Flavio Claudio Giuliano nella sua satira "I Cesari", dove appare come una figura mite ma debole e dolente,[81] in particolar modo a causa della forte influenza materna.[82]

Infine la storiografia cristiana e bizantina medievale si concentra sulla presunta pietà di Giulia Mamea e dello stesso Alessandro, al punto che in alcuni autori troviamo la rappresentazione di un sovrano assai vicino al cristianesimo, se non addirittura cristiano egli stesso; un resoconto assai dettagliato del suo regno fu redatto da Giovanni Zonara nel XII secolo.[83]

Moderna e contemporanea[modifica | modifica wikitesto]

Busto di Alessandro Severo, opera in marmo 76 cm, conservata ai Musei Capitolini.

La sua figura compare ne Il Principe[84] di Niccolò Machiavelli nella consueta veste di sovrano mite, ma inadatto al potere per via della sua debolezza. Tra i suoi errori, stigmatizzati dal politico fiorentino, sono annoverati in primo luogo l'aver suscitato il disprezzo dei soldati per l'indecisione mostrata durante le campagne contro Sasanidi e Germani ed infine l'eccessiva influenza materna. Non bastò dunque un carattere mite e l'amore per la giustizia a salvarlo. Un principe, infatti, deve mostrarsi gagliardo, coraggioso, virile, sprezzante del pericolo e irremovibile, qualità di cui Alessandro Severo difettava.

« Ma vegniamo ad Alessandro, il quale fu di tanta bontà, che tra l’altre lodi che gli sono attribuite, è, che in quattordici anni, che tenne l’imperio, non fu mai morto da lui nessuno ingiudicato; nondimanco, essendo tenuto effeminato, e uomo che si lasciasse governare dalla madre, e per questo venuto in dispregio; conspirò contro di lui l’esercito, ed ammazzollo.[85] »

Nel XVIII secolo la lotta di potere tra Giulia Mamea e Sallustia Orbiana divenne soggetto di numerose opere; tra di esse si ricordano l'Alessandro Severo di Antonio Lotti, eseguito nel 1716 o 1717, il cui libretto fu scritto da Apostolo Zeno e la Sallustia di Giovanni Battista Pergolesi, rivisitazione del libretto di Apostolo Zeno in cui è centrale il tema dell'amore tra l'imperatrice Sallustia ed un debole Alessandro, che la sacrificherà impotente agli intrighi della madre Giulia Mamea.

Accanto a ciò rimase inalterato per tutto l'Illuminismo e l'età romantica il ritratto di Alessandro Severo come un sovrano saggio, virtuoso, amato dalla popolazione come attesta la testimonianza dello storico inglese Edward Gibbon[86] e di Jacob Burckhardt, il quale nel 1853 paragonò l'imperatore romano a Luigi IX di Francia per via della sua dedizione ai principi morali tale da resistere agli influssi corruttori del dispotismo e per mitigarlo con giustizia e clemenza.[87]

La storiografia contemporanea, invece, è meno indulgente e resta caratterizzata dalla tendenza a giudicare con severità la mancanza di autonomia e di decisione mostrata dall'imperatore.

Nel 1909, infatti, Alfred von Domaszewski descrisse l'imperatore come "il più miserabile di tutti i Cesari" in quanto, sebbene la sua amministrazione si fosse dimostrata come "l'ultima parvenza di ordine nel regno", la sua politica fu disastrosa e segnò un "crollo totale di tutto il sistema amministrativo".[88]

Seguendo il percorso tracciato da Domaszewski, Ernst Kornemann nel 1939 descrisse il sovrano come debole e aggiunse che il giudizio storico era stato falsato da una lunga tradizione ed in questa critica sono evidenti i riferimenti all'Historia Augusta di cui l'autore varie volte sottolineò il carattere non veritiero.[89] Sempre nello stesso anno, correggendo in parte i giudizi precedenti, Wilhelm Ensslin presentò il giovane imperatore come una figura importante e positiva per lo stato, sebbene fosse priva delle qualità del suo avo Settimio Severo.[90]

Nel 1960 Alfred Heuss descrisse l'imperatore come un ragazzo innocente[91] e tredici anni dopo Hermann Bengtson ne riprese il giudizio definendo Alessandro Severo come un governante "debole, moderato, che non fece molto di straordinario né nella politica né nella sfera militare", descrivendo il suo governo come un'entità fortemente influenzata dall'ascendente di Giulia Mamea e delle altre donne della famiglia imperiale.[92]

Ronald Syme, invece, così si espresse circa il problema, da tutti gli storici riferito anche ad Alessandro Severo, dell'influenza della personalità del sovrano (o della mancanza di questa) sui pubblici affari:

« Come si sviluppò il sistema imperiale, divulgò uno per uno i suoi vari misteri. Quanto conta la personalità del sovrano? Sempre meno, potrebbe sembrare. Che sia un ragazzo, un buffone, o un filosofo, la sua condotta non può avere molto effetto sull'amministrazione. L'abitudine e la routine ha assunto (il compito), con gruppi e gradi di burocrati, di coprire le mancanze.[93] »

Infine, nel 1988 Karl Cristo sottolineò che Alessandro non fu "praticamente mai completamente indipendente" e che, scomparsi durezza e assertività, non poté far altro che "virare da una crisi all'altra"[94] e Bruno Bleckmann nel 2002, definì l'imperatore come un fantoccio nelle mani della madre, la cui influenza sui pubblici affari si spiega semplicemente con l'ingenuità e la giovanissima età del figlio imperatore. Sempre Bleckmann aggiunse che probabilmente negli ultimi tempi Alessandro Severo si svincolò dall'autorità materna ed infine, riguardo al rifiuto di concedere donativi ai soldati, riconobbe che fosse un atteggiamento realistico data la debolezza dell'economia, ma fatale per la vita stessa del sovrano.[95]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Historia Augusta, Alexander Severus, 56.9.
  2. ^ a b BCTH-1902-517.
  3. ^ Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Milano, Hoepli, 1921, p. 476.
  4. ^ CIL VIII, 8812 (p 1946), AE 1895, 84.
  5. ^ Cassio Dione, LXXVIII.30.3, LXXIX.17.2, 18.3.
  6. ^ Erodiano V.3.3, VII.3.
  7. ^ Secondo la Historia Augusta, Alessandro morì a 29 anni, 3 mesi e 7 giorni (Alexander Severus, 60), e dunque, assumendo la data di morte del 18/19 marzo 235, sarebbe nato l'11 o il 12 dicembre 205; nella stessa Historia Augusta si afferma però che sarebbe nato lo stesso giorno della morte di Alessandro Magno (Alexander Severus, 5.2), il 18 giugno. La testimonianza di Erodiano, che vuole Alessandro dodicenne al momento della sua elevazione a cesare nel 221 ed Eliogabalo quasi sedicenne (Erodiano, VI 7.4), e l'indicazione del 1º ottobre come giorno di nascita nel Natales Caesarum (Cronografo del 354) hanno fatto propendere gli storici per il 1º ottobre 208 (Nind Hopkins 1907, p. 268).
  8. ^ Historia Augusta, Alexander Severus, 1.2.
  9. ^ L'Historia Augusta lo chiama erroneamente Vario (Alexander Severus, 1.2), nome del padre di Eliogabalo.
  10. ^ Cassio Dione, LXXVIII.30.3;
  11. ^ Birley 1999, p. 222.
  12. ^ a b Cassio Dione racconta in un brano frammentario (LXXVIII.31.4 33.2-34.12) che la figlia di Marciano e suo marito furono assassinati nel 218 da Macrino, che poco dopo fece uccidere anche Marciano.
  13. ^ PIR2 J 343 propone di identificare il Marco Giulio Gessio Bassiano magister del collegio degli Arvali nel 214 con il futuro imperatore; sulla base del fatto che in quell'anno Alessandro sarebbe stato troppo giovane per ricoprire tale carica, questo personaggio andrebbe identificato con un fratello maggiore (Birley 1999, p. 222).
  14. ^ Il legame è attraverso un'altra Giulia Mesa, moglie di Polemone II del Ponto e figlia di Sampsiceramo II, signore di Emesa, e sorella dell'ultimo dinasta emesiano, Gaio Giulio Soaemo (Birley 1999, p. 222).
  15. ^ Historia Augusta, Alexander Severus, 3.
  16. ^ John Boardman et alii, The Cambridge ancient history, "XII The Crisis of the Empire A.D. 193-337", Cambridge University Press, 2005, pp. 19-21. ISBN 0-521-30199-8
  17. ^ Eliogabalo partecipava alle corse di carri come un auriga dei Verdi, comportandosi come uno di loro senza riguardo per la propria dignità imperiale (Cassio Dione, LXXX.14).
  18. ^ Cassio Dione, LXXXX.15.
  19. ^ Erodiano, v.6.
  20. ^ Lauren van Zoonen, Heliogabalus, livius.org, 2005. URL consultato il 18 agosto 2007.
  21. ^ a b c d Erodiano, v.7.
  22. ^ Eliogabalo assunse questo nome al momento dell'ascesa al trono, per rivendicare il legame con Caracalla, di cui diceva di essere figlio (Cassio Dione, LXXIX.32).
  23. ^ John Boardman et alii, p. 22.
  24. ^ La Historia Augusta (Alexander Severus, 1.2) afferma, errando, che il titolo di cesare gli fu concesso alla morte di Macrino.
  25. ^ Cassio Dione, LXXX.17.3.
  26. ^ a b c d e f (EN) Herbert W. Benario, Alexander Severus (A.D. 222-235) su De imperatoribus romanis. URL consultato l'11 gennaio 2013.
  27. ^ Erodiano, V.7.5-6.
  28. ^ Secondo quanto narrato da Cassio Dione, quando una persona a lui vicina disse ad Eliogabalo che era fortunato a reggere il consolato con il figlio come collega, l'imperatore rispose che sarebbe stato più fortunato l'anno successivo, quando avrebbe avuto come collega un vero figlio (LXXX.19.1a).
  29. ^ Erodiano, V.8.1-4.
  30. ^ Cassio Dione, LXXX.19.2-4.
  31. ^ Erodiano, V.8.5-10.
  32. ^ Assunse il nome "Severo" facendo riferimento all'imperatore Settimio Severo; secondo l'Historia Augusta rifiutò il nome di "Antonino" offertogli dal Senato (Alexander Severus, 8).
  33. ^ Historia Augusta, Alexander Severus, 1.3.
  34. ^ Gibbon 1776, p. 230, pp. 130.
  35. ^ Questo titolo è usato in un rescritto imperiale del 1º dicembre 222, conservatosi nel Codice giustinianeo (4.65.4.1, ad Domitium Ulpianum praefetum praetorio et parentem meum); il titolo parens era utilizzato nei rescritti imperiali per riferirsi ai genitori biologici o a precedenti imperatori (Tony Honoré, Ulpian: Pioneer of Human Rights, Oxford University Press, 2002, p. 29. ISBN 0-19-924424-3).
  36. ^ Un errore simile era stato commesso da Commodo, che aveva nominato supervisore dei prefetti Papirio Dionisio (Honoré, Op. cit., p. 30).
  37. ^ Honoré, Op. cit., pp. 29-30.
  38. ^ Cassio Dione, LXXX.2.2-4; Honoré, Op. cit., pp. 29-31. Honoré (p. 32) riporta il 223 come possibile data, aggiungendo l'estate 224 come termine ante quo.
  39. ^ Erodiano VI.1.9-10.
  40. ^ Erodiano VI.1.2.
  41. ^ a b Erodiano VI.1.3.
  42. ^ a b Erodiano VI.1.4.
  43. ^ Erodiano VI.1.7.
  44. ^ Historia Augusta, Alexander Severus, 21.9, 26.2. La Historia parla di cinque episodi di liberalitas nei confronti del popolo, ma le monete di Alessandro giungono a celebrarne cinque (Cohen, IV, p. 416-417, n. 141‑145).
  45. ^ Historia Augusta, Alexander Severus, 24.5-6, 25.3-4. Le terme furono raffigurate su diverse monete di Alessandro (Cohen, IV, p. 431, n. 297; pp. 449-450, nn. 479-480; pp. 483-484, nn. 14 e 17).
  46. ^ Historia Augusta, Alexander Severus, 24.3, 25.6.
  47. ^ Historia Augusta, Alexander Severus, 26.4,8, 28.6.
  48. ^ Mustapha Khanoussi, Dougga, Tunis, Ministere de la Culture, Agence de mise en valeur du Patrimoine et de Promotion Culturelle, 2008, p. 58. ISBN 978-9973-954-33-6
  49. ^ Historia Augusta, Alexander Severus, 29.2 e 31.5.
  50. ^ Historia Augusta, Alexander Severus, 22.5, 43.5.
  51. ^ Historia Augusta, Alexander Severus, 22.4, 43.6-7, 51.7-8.
  52. ^ Anna Maria Liberati; Francesco Silverio, Organizzazione militare: esercito, Roma, Quasar, 1988, vol. 5, pp. 19-20.
  53. ^ Yann Le Bohec, L'esercito romano da Augusto alla fine del III secolo, Roma, Carocci, 1992, p. 259.
  54. ^ In realtà il concetto delle riserve strategiche era già stato introdotto da Settimio Severo per indicare le unità di manovra, poste in seconda linea dietro il limes, che, in caso di incursione, sarebbero dovute intervenire in soccorso alle guarnigioni; tale idea sarà in seguito riproposta e sviluppata da Gallieno, Diocleziano e Costantino I
  55. ^ Alessandro Milan; Salvatore Calderone, Le forze armate nella storia di Roma antica, Roma, Jouvence, 1993, p. 181. ISBN 88-7801-212-2
  56. ^ Erodiano VI.2.1.
  57. ^ a b Nind Hopkins 1907, p. 230. Historia Augusta, Alexander Severus, 55-57; Aurelio Vittore, xxiv; Eutropio, VIII.23.
  58. ^ Erodiano VI.2.2-5; Giovanni Zonara, XII 15.
  59. ^ Erodiano VI.3.1-7, 4.1-2.
  60. ^ Erodiano VI.4.4-7, 5, 6.1-3.
  61. ^ Erodiano VI.6.4-7, 7.1-2.
  62. ^ La vittoria e il ritorno furono commemorati con l'emissione di alcune serie numismatiche: si noti la moneta raffigurante Alessandro incoronato dalla Vittoria con il Tigri e l'Eufrate ai suoi piedi (Cohen, IV, p. 445, n. 446); la donazione al popolo in occasione del trionfo fu commemorata con l'emissione di monete recanti la legenda LIBERALITAS AVG(usti) V = Cohen, IV, p. 416-417, n. 141‑145.
  63. ^ Erodiano, VI.7.2-3,5.
  64. ^ Nind Hopkins 1907, pp. 235-238; l'autore fa riferimento alle monete di Alessandro del 233 che lo mostrano su di un carro trionfale per suggerire l'avvenuto trionfo.
  65. ^ Erodiano, VII, 1.6.
  66. ^ Erodiano, VI.7.6,8-10.
  67. ^ Erodiano, VI.8.5-8, VI.9.
  68. ^ Historia Augusta, Alexander Severus, 60.3-61.7.
  69. ^ Roger Rémondon, La crisi dell'Impero romano, da Marco Aurelio ad Anastasio, Milano, Mursia, 1975, p. 65.
  70. ^ Jörg Rüpke; Richard Gordon, Religion of the Romans, Cambridge, Polity, 2007, pp. 250-251. ISBN 0-7456-3014-6; Barbara Burrell, Neokoroi: Greek Cities and Roman Emperors, Leiden; Boston, Brill, 2004, p. 232. ISBN 90-04-12578-7; Eric R. Varner, Mutilation and Transformation: damnatio memoriae and Roman Imperial Portraiture, Leiden; Boston, Brill, 2004, pp. 196-197. ISBN 90-04-13577-4
  71. ^ Nind Hopkins 1907, p. 271.
  72. ^ a b c d AE 1979, 645; AE 1999, 1828; AE 2002, 1681.
  73. ^ RIC Alexander Severus, IV, 60; BMCRE 407; Calicó 3111.
  74. ^ RIC Alexander Severus, IV 92; RSC 365. RIC Alexander Severus, IV 495; BMCRE 575; Banti 93. CIL VIII, 1406.
  75. ^ Una spontanea attività di distruzione senza damnatio memoriae da parte del Senato suppongono Eric R. Varner, Mutilation and Transformation. Damnatio Memoriae and Roman Imperial Portraiture, Leiden; Boston, Brill, 2004, pp. 196–199 e Lee Ann Riccardi (1998). The Mutilation of the Bronze Portrait of a Severan Empress from Sparta: 'Damnatio Memoriae' or Christian Iconoclasm?. Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts, Athenische Abteilung 113: pp. 259–269, in particolare p. 261.
  76. ^ Questo il racconto dell'Historia Augusta circa la damnatio memoriae di Massimino:
    « I nemici del Senato, del Popolo romano, gli dei li perseguitano. O Giove Ottimo, ti ringraziamo. O Apollo venerabile, ti ringraziamo. Ai divi Gordiani dedichiamo dei templi. Il nome di Massimino, in passato già cancellato una volta, deve essere cancellato dagli animi. La testa del nemico pubblico sia gettata nel fiume [Tevere]. Il suo corpo rimanga insepolto. Colui che ha minacciato morte al Senato, ora è morto, come meritava. Colui che minacciava di mettere il Senato in catene, ora è stato ucciso, come è giusto che sia. Ringraziamo i santissimi Imperatori, Balbino, Pupieno e Gordiano III, gli dei vi salvino. [...] »
    (Historia Augusta, Maximini duo, 26.2-4.)
    « Non esistono loro tombe. I loro cadaveri vennero, infatti, gettati nelle acque del fiume Tevere, e le loro teste furono bruciate sul Campo Marzio, fra gli insulti della folla. »
    (Historia Augusta, Maximini duo, 31.5.)
  77. ^ Karlheinz Dietz, Senatus contra principem: Untersuchungen zur senatorischen Opposition gegen Kaiser Maximinus Thrax, München, Beck, 1980, p. 340. ISBN 3-406-04799-8
  78. ^ Erodiano 6,9; vol. 6,1,6–8. Vedi Thomas Hidber, Herodians Darstellung der Kaisergeschichte nach Marc Aurel, Basel, Schwabe, 2006, pp. 220–225. ISBN 3-7965-2003-0; Asko Timonen, Cruelty and Death. Roman Historians’ Scenes of Imperial Violence from Commodus to Philippus Arabs, Turku, Turun Yliopisto, 2000, pp. 151–155. ISBN 951-29-1818-8
  79. ^ Indagine approfondita in Bertrand-Dagenbach 1990.
  80. ^ Aurelio Vittore 24, Eutropio 8,23. Vedi Engelbert Winter, Die sāsānidisch-römischen Friedensverträge des 3. Jahrhunderts n. Chr. – ein Beitrag zum Verständnis der außenpolitischen Beziehungen zwischen den beiden Großmächten, Frankfurt am Main; New York, P. Lang, 1988, pp. 56–60. ISBN 3-8204-1368-5
  81. ^ Guliano, I Caesari 313
  82. ^ Sull'interpretazione si veda Friedhelm L. Müller, Die beiden Satiren des Kaisers Julianus Apostata: "Symposion oder Caesares" und "Antiochikos oder Misopogon", Stoccarda, Franz Steiner, 1998, p. 188. ISBN 3-515-07394-9
  83. ^ Gli scritti di origine bizantina sono tradotti, commentati e annotati in Stephanie Brecht, Die römische Reichskrise von ihrem Ausbruch bis zu ihrem Höhepunkt in der Darstellung byzantinischer Autoren, Rahden, Leidorf, 1999, pp. 67–92. ISBN 3-89646-831-6. Cfr. dal Covolo 1987, pp. 359–375, in particolare pp. 366–368.
  84. ^ Testo completo del capitolo XIX de Il Principe.
  85. ^ Niccolò Machiavelli, De Principatibus, capitolo XIX (Che si debbe fuggire l’essere disprezzato e odiato).
  86. ^ Gibbon 1776,  pp. 154–161
  87. ^ Jacob Burckhardt, Die Zeit Constantins des Großen, München, 1982, pp. 9-10 (pubblicato a Basel nel 1853).
  88. ^ Alfred von Domaszewski, Geschichte der römischen Kaiser, Vol. 2, Leipzig, Quelle & Meyer, 1909, pp. 279-280.
  89. ^ Ernst Kornemann, Römische Geschichte, Vol. 2, Stuttgart, Kröner, 1939, p. 347.
  90. ^ Wilhelm Ensslin, The Senate and the Army in The Cambridge Ancient History, Vol. 12, Cambridge, 1939, pp. 57–95, in particolare p. 72.
  91. ^ Alfred Heuß, Römische Geschichte, Braunschweig, G. Westermann, 1960, p. 352.
  92. ^ Hermann Bengtson, Römische Geschichte, München, C.H. Beck, 1973, p. 329.
  93. ^ Ronald Syme, Emperors and Biography: Studies in the Historia Augusta, Oxford, Clarendon Press, 1971, p. 146.
  94. ^ Karl Christ, Geschichte der römischen Kaiserzeit: von Augustus bis zu Konstantin, München, C.H. Beck, 1988 (sesta ed. Monaco 2009), pp. 629–631.
  95. ^ Bruno Bleckmann, Die severische Familie und die Soldatenkaiser in Hildegard Temporini; Gräfin Vitzthum, Die Kaiserinnen Roms: von Livia bis Theodora, München, C.H. Beck, 2002, pp. 265–339, in particolare pp. 291, 298. ISBN 3-406-49513-3

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

La fonte più ampia, e forse la più problematica, sul regno di Alessandro Severo è il libro sulla sua vita contenuto all'interno della Historia Augusta, un'opera del IV secolo. Tra tutte le biografie imperiali contenute nella Historia, questa è una tra le più lunghe ed è tradizionalmente attribuita ad Elio Lampridio. Una delle fonti della Historia è l'opera di Mario Massimo, andata perduta, che fu un funzionario di Alessandro. In generale le informazioni contenute nella Vita di Alessandro della Historia sono da valutare con attenzione, in quanto tende ad essere più un'opera di fantasia che storiografica. In generale, l'autore dimostra una predisposizione positiva nei confronti dell'ultimo esponente della dinastia severiana.

Una fonte di ben altro spessore è fornita da Erodiano, un funzionario civile di rango inferiore di origine siriana, che visse dal 170 circa al 240; il suo lavoro, la Storia dell'Impero romano da Marco Aurelio, comunemente abbreviata in Storia romana, è una testimonianza diretta che va dal regno di Commodo a quello di Gordiano III, e tratta il regno di Alessandro Severo nel libro VI.

Fonti di minore importanza sono Aurelio Vittore ed Eutropio (fine del IV secolo), che tramandano pochi accenni aneddotici, Zosimo, che scrisse brevemente su Alessandro all'inizio del VI secolo, mentre la Storia romana, del senatore e sostenitore di Alessandro (fu nominato console nel 229) Cassio Dione Cocceiano, è di scarso aiuto, in quanto il libro LXXX è giunto solo in una versione compendiata.

Altre fonti non storiografiche sono le opere giuridiche composte o comunque collegate ad Ulpiano e i ritrovamenti numismatici, archeologici, epigrafici e papiracei.

Fonti primarie
Fonti secondarie

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Predecessore Imperatore romano Successore Project Rome logo Clear.png
Eliogabalo 222 - 235 Massimino Trace
Predecessore Fasti consulares Successore Consul et lictores.png
Gaio Vettio Grato Sabiniano,
Marco Flavio Vitellio Seleuco
(222)
con Imperatore Cesare Marco Aurelio Antonino Augusto IV
Lucio Mario Massimo Perpetuo Aureliano II,
Lucio Roscio Eliano Paculo Salvio Giuliano
I
Tiberio Manilio Fusco II,
Servio Calpurnio Domizio Destro
(226)
con Gaio Aufidio Marcello II
Marco Nummio Senecione Albino,
Marco Lelio Fulvio Massimo Emiliano
II
Quinto Aiacio Modesto Crescenziano II,
Marco Pomponio Mecio Probo
(229)
con Cassio Dione Cocceiano
Lucio Virio Agricola,
Sesto Cazio Clementino Priscilliano
III
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