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Regno d'Italia (1805-1814) |
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Regno d'Italia | |||
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Dati amministrativi | |||
Nome completo | Regno d'Italia | ||
Lingue parlate | Italiano | ||
Capitale | Milano | ||
Dipendente da | Impero francese | ||
Politica | |||
Forma di governo | Monarchia costituzionale | ||
Re d'Italia | Napoleone Bonaparte (fino all'11 aprile 1814) Viceré Eugenio di Beauharnais Napoleone II (solo de jure, 11 aprile 1814-25 maggio 1814) |
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Organi deliberativi | Senato Consulente Consiglio di Stato |
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Nascita | 17 marzo 1805 | ||
Causa | Incoronazione di Napoleone a Re d'Italia | ||
Fine | 25 maggio 1814 | ||
Causa | Deposizione di Napoleone | ||
Territorio e popolazione | |||
Bacino geografico | Italia Settentrionale | ||
Massima estensione | 75.740 km² nel 1809 | ||
Popolazione | 6.700.000 abitanti nel 1809 | ||
Economia | |||
Valuta | Lira italiana | ||
Religione e società | |||
Religioni preminenti | Cattolicesimo | ||
Evoluzione storica | |||
Preceduto da | Repubblica Italiana | ||
Succeduto da | Regno Lombardo-Veneto Ducato di Modena |
Il Regno d'Italia napoleonico fu uno Stato posto sotto il controllo delle forze armate francesi. L'entità politica fu fondata da Napoleone Bonaparte nel 1805, allorquando il generale francese si fece incoronare sovrano della previgente Repubblica Italiana. Il Regno, che comprendeva l'Italia centro orientale e buona parte del settentrione e aveva capitale Milano, non sopravvisse alla caduta del suo monarca, e si disciolse nel 1814. Il Regno napoleonico d'Italia o Regno Italico è considerato dallo storica anglo-italiana Jessie White l'embrione dello Stato unitario italiano costituitosi poi nel 1861[1].
Il 17 marzo 1805 fu creato il Regno d'Italia e il 26 maggio dello stesso anno Napoleone fu incoronato Re d'Italia.
Napoleone, che si era fatto proclamare dal Senato Imperatore dei francesi facendosi incoronare da Papa Pio VII, trasformò la precedente Repubblica Italiana in Regno d'Italia proclamandosi Re. L'incoronazione di Napoleone Re d'Italia avvenne il 26 maggio 1805 nel Duomo di Milano, attraverso l'antica Corona ferrea dei sovrani longobardi da sempre custodita nel Duomo di Monza, in questa occasione avrebbe pronunciato la famosa frase "Dio me l'ha data, guai a chi la tocca"[2].
Il 5 giugno fu nominato Viceré d'Italia Eugenio di Beauharnais, figlio di prime nozze della moglie di Napoleone Giuseppina, e di cui il Bonaparte si fidava ciecamente e dal quale era sicuro di non dovere temere il perseguimento di obiettivi politici propri. Il Viceré stabilì la propria residenza a Monza.
Con la pace di Presburgo del 26 dicembre 1805, l'Austria rinunciò a Gorizia e alla Provincia Veneta.
Con la Convenzione di Fontainebleau avvenuta il 10 ottobre 1807, il Regno d’Italia napoleonico cedette Monfalcone all’Austria guadagnando la città di Gradisca[3], spostando così il nuovo confine lungo il fiume Isonzo.
Il Regno napoleonico d'Italia includeva fin dal 1806 tutti i territori adriatici della Repubblica di Venezia, ossia anche l'Istria e la Dalmazia. Nel 1808 il generale Marmont vi annesse anche il territorio della Repubblica di Ragusa: per quasi due anni Ragusa fece parte politicamente dell'Italia e per decreto del governatore Vincenzo Dandolo la lingua italiana - già utilizzata nei secoli precedenti assieme al latino - vi divenne ufficiale nell'amministrazione e nelle scuole, come in tutta la Dalmazia.
Nel 1809 furono separati dal Regno i territori di Istria, Dalmazia e delle Bocche di Cattaro (oltre alla recentemente inserita Ragusa) per formare con le città austriache di Gorizia e Trieste, sempre sotto il controllo francese, le Province Illiriche con capoluogo la slovena Lubiana.
In compenso fu portato il confine del Regno d'Italia fino all'Isonzo e a nord di Bolzano (con tutto il Trentino). Il Viceré Eugenio di Beauharnais si oppose fermamente ma inutilmente alla cessione dell'Istria e Dalmazia alle Province Illiriche.[4]
Il Consiglio di Stato fu l’organo centrale del Regno d'Italia, costituito con Decreto Reale 9 maggio 1805, mentre con il terzo Statuto Costituzionale, emanato il successivo 5 giugno, ne furono delineate l'organizzazione e le competenze. Il Consiglio, presieduto dal Re o, in sua assenza, da un Grande Ufficiale della Corona, era l'insieme di tutti gli alti funzionari e l'incontro di tutte le competenze, la sua voce rimaneva tuttavia unicamente consultiva, mentre il potere esecutivo era saldamente nelle mani del sovrano.
In base al testo di legge istitutivo, il Consiglio doveva essere composto da trentacinque membri scelti e nominati dal Re, tra i quali figuravano di diritto i Grandi Ufficiali della Corona, vale a dire il cancelliere guardasigilli Francesco Melzi d'Eril, il grande elemosiniere e arcivescovo di Ravenna Antonio Codronchi, il gran maggiordomo maggiore Giuseppe Fenaroli Avogadro, il gran ciambellano Antonio Litta Visconti Arese e il grande scudiere Carlo Montecuccoli Caprara; erano chiamati a farne parte inoltre i ministri, i membri della Consulta di Stato e quelli del consiglio legislativo. L'organo fu allora ripartito in cinque sezioni: giustizia, finanza, guerra, interno e culto, alle quali appartenevano tutti i membri, a eccezione dei Grandi Ufficiali della Corona e dei ministri. Come segretario venne designato Giuseppe Compagnoni. Ministro della Giustizia fu Giuseppe Luosi, primo promotore della codificazione del diritto in Italia.
Del Consiglio di Stato, dotato di un segretario generale e di alcuni sostituti, facevano parte anche gli stessi ministri, che potevano inoltre partecipare alle sedute dei tre consigli dei consultori, legislativo e degli uditori, quando fossero in trattazione oggetti riguardanti i loro dipartimenti. Il Consiglio di Stato venne dichiarato cessato con proclama del commissario plenipotenziario austriaco conte di Bellegarde del 25 maggio 1814.[5].
Un contingente di truppe italiane della "Guardia Reale Italiana" partecipò alle guerre napoleoniche, in particolare nel 1808 alla Guerra d'indipendenza spagnola, nel 1809, sulle Alpi, alla campagna contro l'Austria che aveva aderito alla Quinta coalizione e nel 1812 alla Campagna di Russia.
Infatti per iniziativa del Ministro della Guerra il 17 luglio 1805, dopo la proclamazione del Regno d'Italia, le guardie d'Onore cittadine furono sciolte al fine di istituire la "Guardia Reale Italiana" nei territori del nuovo Regno d’Italia.
La Guardia Reale Italiana, armata con moschetto Charleville del 1777, fu costituita da 6 reggimenti di fanteria di linea, 3 reggimenti di fanteria leggera, un reggimento di fanteria dalmata, 2 reggimenti di dragoni e 2 reggimenti di cacciatori a cavallo.
Il piccolo contingente del Regno d'Italia inizialmente operò solamente in Italia insieme alle truppe francesi del maresciallo Andrea Massena.[6]
La Guardia Reale Italiana, al comando di Giuseppe Lechi partecipò nel 1808 alla Guerra d'indipendenza spagnola conquistando Barcellona. Nel 1809 sulle Alpi, la Guardia Reale Italiana al comando del viceré Eugenio di Beauharnais partecipò anche alla campagna contro l'Austria che aveva aderito alla Quinta coalizione.
Il Regno d'Italia cessò di esistere nel 1814 con la fine del periodo napoleonico: il 6 aprile 1814, Napoleone si disse pronto ad abdicare, atto che fu formalizzato il giorno 11. Il giorno 16 il Beauharnais comunicava di avere concluso anch'egli un armistizio con il feldmaresciallo austriaco Bellegarde, anche se sperava che il suo trono potesse essere salvato dalla disfatta napoleonica.
Dopo i disordini milanesi del 20 aprile con il linciaggio del ministro delle finanze Giuseppe Prina ad opera della folla inferocita, Beauharnais capì tuttavia di non avere l'appoggio della popolazione. La gente lo identificava infatti con i detestati francesi e così il 26 aprile abdicò, lasciando il giorno successivo l'Italia per ritirarsi in esilio in Baviera presso i suoceri. Aveva così fine il Regno napoleonico d'Italia, ma la restaurazione diede ad Eugenio di Beauharnais, auspice lo Zar di Russia, un cospicuo appannaggio nelle Marche: 2.300 tenute agricole e 137 palazzi urbani che erano stati espropriati durante il periodo napoleonico allo Stato della Chiesa. Il 25 maggio, assumendo la presidenza della Reggenza del governo provvisorio, Heinrich Johann Bellegarde proclamava a Milano la cessazione anche legale del Regno.
Nel 1806 i territori del Regno d'Italia furono suddivisi in sei Divisioni Territoriali Militari con comando a Milano, Brescia, Mantova, Ancona, Venezia e Bologna.
Il Regno napoleonico d'Italia, derivato inizialmente dalla Repubblica cisalpina (risultata della fusione della Repubblica cispadana con quella transpadana) e successivamente dalla Repubblica napoleonica italiana[7], fu oggetto di numerose modifiche nelle sue suddivisioni. Questo a causa dell'instabilità delle sue frontiere che arrivarono per qualche anno fino a Cattaro (nell'attuale Montenegro). L'ultima modifica avvenne nel maggio 1810.
« Con decreto 28 maggio 1810 furono infine riuniti al regno d'Italia il Trentino e il Tirolo meridionale (con Bolzano), i quali, ceduti dalla Baviera alla Francia, andarono a formare il dipartimento dell'Alto Adige, con capoluogo Trento. Al termine di queste trasformazioni, il territorio del regno si estendeva dalla Sesia all'Isonzo, dal Brennero agli Abruzzi, dal confine austriaco a quello del regno di Napoli. I suoi abitanti, al contempo, erano passati dai circa 3.800.000 del 1805 agli oltre 6.700.000 del 1813, cioè a più di un terzo della popolazione stimata nell'intera penisola italiana.[8] » |
Al massimo della sua estensione nella penisola italiana, nel 1812, il Regno d'Italia contava 24 dipartimenti:
(FR) « A mon passage à Milan, un grand peuple réveillé ouvrait un moment les yeux. L'Italie sortait de son sommeil, et se souvenait de son génie comme d'un rêve divin … elle apportait dans la mesquinerie de notre pauvreté la grandeur de la nature transalpine, nourrie qu'elle était, cette Ausonie, aux chefs-d'oeuvre des arts et dans les hautes réminiscences d'une patrie fameuse. » |
(IT) « Al mio passaggio a Milano, un grande popolo risvegliato apriva un momento gli occhi. L'Italia usciva dal suo sonno, e ricordava il proprio genio come un sogno divino... ella portava nella meschineria della nostra povertà la grandezza della natura transalpina, nutrita come era, questa Ausonia, ai capolavori delle arti ed alle alte reminiscenze di una patria famosa » |
(François-René de Chateaubriand, Mémoires d'Outre-Tombe, Tomo 2 Libro L14 capitolo 7.) |