Graziano (359-383)
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Graziano
Solido di Graziano (D[ominus]N[oster]GRATIANUS P[ius] F[elix] AUG[stus]).
Solido di Graziano (D[ominus]N[oster]GRATIANUS P[ius] F[elix] AUG[stus]).
Augusto dell'Impero romano d'Oriente
In carica 4 agosto 367 - 17 novembre 375 (Augusto sotto il padre Valentiniano I)
17 novembre 375 - 25 agosto 383 (co-Augusto con Valentiniano II in Occidente)
Predecessore Valentiniano I
Successore Magno Massimo/Valentiniano II
Nome completo Flavius Gratianus
Nascita Sirmio, (Sremska Mitrovica, Serbia), 18 aprile/23 maggio 359
Morte Lugdunum, 25 agosto 383
Dinastia valentiniana
Padre Valentiniano I
Madre Marina Severa
Consorte Flavia Massima Faustina Costanza
Leta

Flavio Graziano (latino: Flavius Gratianus; Sirmio, 18 aprile/23 maggio 359Lugdunum, 25 agosto 383) fu imperatore romano dal novembre 375 alla sua morte.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Era il primogenito di Valentiniano I, che lo nominò Augusto a otto anni, il 4 agosto del 367. Ebbe come precettore Decimo Magno Ausonio. Alla morte di suo padre, il 17 novembre 375, le truppe di stanza in Pannonia proclamarono imperatore il suo fratellastro, Valentiniano II. Valentiniano II e la madre Giustina governarono parte dell'occidente (Italia, Illiria e Africa) con sede a Milano mentre Graziano governò il resto dell'impero da Treviri. La divisione era comunque nominale; il potere reale rimase nelle mani di Graziano.

Nel maggio del 378 Graziano sconfisse i Lentiensi, un ramo degli Alemanni, nella battaglia di Argentovaria, vicino l'odierna Colmar.

In seguito al disastro di Adrianopoli nell'agosto del 378 nel quale trovò la morte l'imperatore Valente, Graziano governò anche la parte orientale dell'impero. Sentendosi impreparato a fronteggiare da solo la pressione barbarica, nominò il 19 gennaio 379 Teodosio I imperatore d'oriente. Nel 381 Graziano spostò la capitale da Treviri a Milano.

Nel 383 Magno Massimo venne proclamato imperatore dalle legioni di Britannia; sbarcato in Gallia, sconfisse vicino a Parigi Graziano, conquistando buona parte di questa provincia. Graziano, impopolare tra le truppe, che passarono dalla parte di Magno Massimo, si recò nella Gallia meridionale, ma a Lione fu assassinato dal magister equitum Andragazio (25 agosto 383).

Secondo Zosimo, quando Graziano si accorse che tutte le sue truppe stavano disertando in favore di Massimo, decise di scappare verso la Rezia, il Norico e la Pannonia ma fu raggiunto e ucciso da Andragazio a Sigidunum nella Mesia.[1]

Politica religiosa[modifica | modifica wikitesto]

Nei primi anni di regno Graziano rispettò la religione pagana ancora maggioritaria in tutto l'impero e specialmente in Occidente, limitandosi alle solite persecuzioni degli eretici (cristiani non ortodossi), alle persecuzioni della divinazione di maghi e indovini vari e a favorire e finanziare il cristianesimo (come era normale politica di stato a partire da Costantino). Come nel 377, quando Graziano scrisse al vicario del prefetto, Flaviano, egli stesso donatista, ordinandogli di consegnare tutte le basiliche degli scismatici ai cattolici. Ma Graziano cambiò radicalmente tale politica di tolleranza e cominciò decisamente a sradicare i culti politeisti, come molti Vescovi sollecitavano da tempo. Nel 380 promulgò l'editto di Tessalonica che dichiarava il cristianesimo religione di Stato. Dietro l'influenza di Ambrogio, vescovo di Milano, ordinò la rimozione della statua e dell'altare della dea Vittoria dalla curia senatoria (382). Questa misura fu immediatamente attuata, e non fu revocata nonostante le dignitose ma appassionate richieste del Senato romano e dei patrizi pagani capeggiati dal senatore Simmaco in nome della libertà di culto e della millenaria tradizione. Sempre spinto da Ambrogio, Graziano ordinò anche la confisca dei beni appartenenti a tutti i culti pagani con la soppressione dei collegi sacerdotali pagani stessi (382). Questa seconda misura di enorme portata fu poi attuata in gran parte dai suoi successori Valentiniano II in Occidente e Teodosio in Oriente. Graziano fu anche il primo imperatore a rifiutare la carica di Pontefice Massimo (essenziale per il culto di stato, anche solo per il cerimoniale).[2]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Zosimo, op. cit.
  2. ^ Beugnot, op. cit.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Imperatore romano Successore Project Rome logo Clear.png
Valentiniano I e Valente
364-375 e 364-378
con Valente, Valentiniano II e Teodosio I Teodosio I
378 - 395
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