Costantino I (272 - 337)

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COSTANTINO I il Grande (307-337) 1/3 di Siliqua. D/ Busto elmato R/ Grande K. Trau 3973 Ag g 1,08 Molto rara • Ex Rauch 73, lotto 913 q.BB/BB
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Costantino
Testa dell'acrolito monumentale di Costantino, conservata ai Musei capitolini a Roma. Si noti il fulgor oculorum quasi oltremondano dello sguardo, tipico della nuova ritrattistica imperiale[1]
Testa dell'acrolito monumentale di Costantino, conservata ai Musei capitolini a Roma. Si noti il fulgor oculorum quasi oltremondano dello sguardo, tipico della nuova ritrattistica imperiale[1]
Augusto dell'Impero romano
In carica 25 luglio 30622 maggio 337
Predecessore Costanzo Cloro
Successore Costantino II (cesare dal 317),
Costanzo II (cesare dal 324)
Costante I (cesare dal 333)
Nome completo Flavius Valerius Constantinus
Altri titoli Pius Felix Invictus Maximus
Germanicus maximus IV (nel 307, 308, 314 circa e 328-329[2][3][4][5][6])
Sarmaticus maximus III[3] (317/319,[7] 323[2] e 334[2][8])[4][5][6]
Gothicus maximus II (328 o 329 e 332[2][3][4][6][6])
Dacicus maximus (336[2][3])
Adiabenicus (ante 315[6])
Arabicus maximus (tra 315 e 319[7])
Armeniacus maximus (tra 315 e 319[7])
Britannicus maximus (ante 315[6][7])
Medicus maximus (ante 315[6][7])
Persicus maximus (nel 312/313,[9] ante 315[6])
Nascita Naissus, Illyyricum
(moderna Niš, Serbia), 27 febbraio 274[10]
Morte vicino a Nicomedia in località Achyrona,[11] Bitinia e Ponto
(moderna İzmit, Turchia), 22 maggio 337
Sepoltura Chiesa dei Santi Apostoli a Costantinopoli
Luogo di sepoltura Costantinopoli
Dinastia costantiniana
Padre Costanzo Cloro
Madre Elena
Coniugi Minervina
Fausta
Figli Crispo, Costantina, Costantino II, Costanzo II, Costante I, Elena

Flavio Valerio Aurelio Costantino, conosciuto anche come Costantino il Grande e Costantino I (lingua latina: Flavius Valerius Constantinus[12]; Naissus, 27 febbraio 274Nicomedia, 22 maggio 337), [11] fu imperatore romano dal 306 alla sua morte. Costantino è una delle figure più importanti dell'Impero romano che riformò largamente e dove favorì la diffusione del cristianesimo. Tra i suoi interventi più significativi, la riorganizzazione dell'amministrazione e dell'esercito, la creazione di una nuova capitale a oriente (Costantinopoli) e la promulgazione dell'Editto di Milano sulla libertà religiosa.

È considerato santo e "simile agli apostoli" dalla Chiesa ortodossa, da alcune Chiese orientali antiche e in alcune località oggi romano-cattoliche di rito latino come Sedilo in Sardegna. Il suo nome non è però presente nel Martirologio Romano, il catalogo ufficiale dei santi riconosciuti dalla Chiesa cattolica[13].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Le fonti primarie sulla vita di Costantino e sulle relative vicende da imperatore devono essere prese con le dovute cautele. La principale fonte contemporanea è costituita da Eusebio di Cesarea, autore di una Storia Ecclesiastica che non manca di esaltare la gloria e la nobiltà di Costantino in quanto imperatore cristiano, a cui fece seguito una Vita di Costantino che ne costituisce un vera e propria agiografia. Anche Lattanzio, nel suo De mortibus persecutorum, delinea in modo netto la distinzione fra il pio Costantino e il perverso Diocleziano. Distinzione forse non del tutto disinteressata, visto che Lattanzio, nato in Nordafrica da famiglia pagana e convertitosi al cristianesimo, dovette fuggire precipitosamente da Nicomedia, sede imperiale di Diocleziano, all'alba dell'ultima persecuzione contro i cristiani, nel 303. La stessa cautela deve valere per la Storia Nuova di Zosimo, pagano e anticristiano, che mostra evidenti pregiudizi in senso opposto. Infine, l'appendice alla storia di Ottato di Milevi sullo scisma donatista racchiude alcune lettere che Costantino avrebbe inviato ai cristiani del Nordafrica e che, se autentiche, potrebbero rivelare alcuni tratti del pensiero dell'imperatore riguardo alla questione cristiana.

Origini e gioventù[modifica | modifica wikitesto]

Albero genealogico della dinastia costantiniana che ha in Costanzo Cloro il vero capostipite.

Era figlio di Costanzo Cloro e della sua compagna Elena. Si conosce pochissimo della sua gioventù: perfino la sua data di nascita è incerta. Aveva una statura imponente, in grado di terrorizzare i suoi coetanei, ed era detto Trachala per il suo largo collo. Nel 288 Costanzo era stato nominato Prefetto del pretorio (cioè comandante militare) delle Gallie da Massimiano ed ebbe notevoli successi in questo ruolo, tanto da riuscire a sconfiggere Carausio, un usurpatore di origine franca che aveva conquistato il controllo della regione del Reno. Grazie a questi successi nel 293, in base al sistema della Tetrarchia voluta da Diocleziano, viene nominato cesare dall'augusto di Occidente, Massimiano, di cui sposa la figliastra Teodora. Costantino viene affidato all'Augusto d'Oriente, Diocleziano. Costantino fu quindi educato a Nicomedia presso la corte dell'imperatore, sotto il quale iniziò la carriera militare: fu tribuno ordinis primi, viaggiò in Palestina e partecipò alla guerra romano/danubiana, contro i Sarmati. Fu ancora con Diocleziano in Egitto nel 296 e quindi combatté sotto Galerio, cesare d'Oriente, contro i Persiani e i Sarmati.

Il primo maggio del 305, Diocleziano abdicava a favore del proprio cesare Galerio e lo stesso faceva Massimiano, in occidente, a favore di Costanzo. Galerio nominava proprio cesare il nipote Massimino Daia, mentre Costanzo sceglieva come proprio successore Flavio Severo. Fu in questo frangente che Costantino raggiunse il padre in Britannia (alcune fonti vogliono che quella di Costantino sia stata una vera e propria fuga da Nicomedia, dove Galerio avrebbe voluto trattenerlo per garantirsi la fedeltà di Costanzo Cloro) e condusse con lui alcune campagne militari nell'isola. Circa un anno dopo, il 25 luglio 306, Costanzo Cloro moriva nei pressi dell'attuale York e l'esercito, guidato dal generale germanico Croco (di origine alamanna), proclamava Costantino nuovo augusto d'occidente,[14] mettendo a repentaglio il meccanismo della tetrarchia, ideato da Diocleziano proprio per porre termine all'uso ormai consolidato degli eserciti di proclamare di propria iniziativa gli imperatori.

Il periodo della guerra civile (306-324)[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Guerra civile romana (306-324).

La proclamazione di Costantino ad augusto era avvenuta secondo un principio dinastico, invece del sistema di successione per cooptazione che aveva cercato di instaurare Diocleziano. La crisi del sistema tetrarchico portò ad una lunga serie di guerre civili. Si ebbero inizialmente quattro augusti (Galerio e Massimino Daia in Oriente, Licinio in Illirico e Costantino nelle province galliche e ispaniche, mentre Massenzio, il figlio dell'antico collega di Diocleziano, Massimiano, restava come usurpatore a Roma, in Italia e in Africa).

Inizialmente Costantino si alleò con Massimiano, di cui aveva sposato la figlia Fausta e che era ansioso di recuperare un ruolo nella politica imperiale, in antagonismo con il figlio Massenzio. Tuttavia, grazie alla stessa moglie Fausta, Costantino scoprì il piano di Massimiano di ucciderlo alla prima occasione e lo costrinse a fuggire a Marsiglia dove il suocero si tolse la vita nel 310.[15]

Alla morte di Galerio nel 311, i tre augusti rimasti si coalizzarono contro Massenzio. Costantino, ormai sospettoso nei confronti di Massenzio, riunito un grande esercito formato anche da barbari catturati in guerra, oltre a Germani, popolazioni celtiche e provenienti dalla Britannia, mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi, forte di 90.000 fanti e 8.000 cavalieri.[16] Lungo la strada, Costantino, lasciò intatte tutte le città che gli aprirono le porte, al contrario Massenzio assediò e distrusse quante si opposero alla sua avanzata.[16] Egli, dopo aver battuto due volte Massenzio prima presso Torino e poi presso Verona, lo sconfisse definitivamente nella battaglia di Ponte Milvio,[17] presso i Saxa Rubra sulla via Flaminia, alle porte di Roma, il 28 ottobre del 312. Con la morte di Massenzio, tutta l'Italia passò sotto il controllo di Costantino.[18]

Durante questa campagna sarebbe avvenuta la celebre e leggendaria apparizione della croce sovrastata dalla scritta In hoc signo vinces che avrebbe avvicinato Costantino al cristianesimo. Secondo Eusebio di Cesarea questa apparizione avrebbe avuto luogo proprio nei pressi di Torino.[19]

Nel 318 circa ebbe dalla moglie Fausta Costantina.

Augusto d'Occidente (313-324)[modifica | modifica wikitesto]

La moderna statua di Costantino a York ( Eburacum), nel luogo in cui fu proclamato imperatore nel 306.
Schema della battaglia avvenuta presso Adrianopoli nel 324, dove Costantino, seppure in inferiorità numerica, prevalse su Licinio, il quale lasciò sul campo secondo Zosimo ben 34.000 armati.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Battaglia di Adrianopoli (324) e Battaglia di Crisopoli.

L'anno seguente, nel 313, Massimino Daia veniva sconfitto da Licinio e si dava la morte. Entrando in Nicomedia Licinio emanò un rescritto (impropriamente detto editto di Milano dal luogo dove era stato concordato con Costantino), con cui a nome di entrambi gli augusti rimasti veniva riconosciuta anche in Oriente la libertà di culto per tutte le religioni, ponendo fine ufficialmente alle persecuzioni contro i cristiani, l'ultima delle quali, iniziata da Diocleziano tra il 303 e il 304, si era conclusa nel 311 su ordine di Galerio, prossimo a morire.

Il testo del decreto recita:

(LA)

« Cum feliciter tam ego [quam] Constantinus Augustus quam etiam ego Licinius Augustus apud Mediolanum convenissemus atque universa quae ad commoda et securitatem publicam pertinerent, in tractatu haberemus, haec inter cetera quae videbamus pluribus hominibus profutura, vel in primis ordinanda esse credidimus, quibus divinitatis reverentia continebatur, ut daremus et Christianis et omnibus liberam potestatem sequendi religionem quam quisque voluisset, quod quicquid <est> divinitatis in sede caelesti, nobis atque omnibus qui sub potestate nostra sunt constituti, placatum ac propitium possit existere »

(IT)

« Noi, dunque Costantino Augusto e Licinio Augusto, essendoci incontrati proficuamente a Milano e avendo discusso tutti gli argomenti relativi alla pubblica utilità e sicurezza, fra le disposizioni che vedevamo utili a molte persone o da mettere in atto fra le prime, abbiamo posto queste relative al culto della divinità affinché sia consentito ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità. »

(Lattanzio, De mortibus persecutorum, capitolo XLVIII)

Nella prosecuzione il rescritto ordinava l'immediata restituzione ai cristiani di tutti i luoghi di culto e di ogni altra proprietà delle chiese.

Costantino e Licinio, che ne aveva sposato la sorella Costanza, entrarono una prima volta in conflitto nel 314 (in seguito alla riappacificazione l'Illirico passò a Costantino) e di nuovo nel 323. In seguito alla sconfitta di Licinio, che si arrese dopo le battaglie di Adrianopoli e di Crisopoli[20] nel 324 e venne successivamente ucciso,[21] Costantino rimase l'unico augusto al potere.[22]

Unico imperatore (324-337)[modifica | modifica wikitesto]

Questo periodo iniziò con una serie di uccisioni, a partire da quella del suo antico rivale Licinio, avvenuta nel 325. L'anno seguente Costantino fece uccidere a Pola il figlio primogenito Crispo, figlio di Minervina, per una presunta relazione con Fausta e inoltre Liciniano, figlio della sorella Costanza e di Licinio. Quindi venne affogata nel bagno (riscaldato oltre la temperatura normale) anche la moglie Fausta. La leggenda vuole che Crispo sia stato eliminato in seguito all'accusa di Fausta di averla insidiata, e quindi anche l'imperatrice venne giustiziata quando Costantino riconobbe l'innocenza del figlio. Probabilmente Fausta volle assicurarsi l'eliminazione dei rivali dei propri figli come successori di Costantino.[22]

Una nuova capitale: Costantinopoli[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Costantinopoli.

Sempre nel 326 erano iniziati i lavori per la costruzione della nuova capitale Nova Roma (Nuova Roma) sul sito dell'antica città di Bisanzio, fornendola di un senato e di uffici pubblici simili a quelli di Roma.

Il luogo venne scelto come capitale nel 324 per le sue qualità difensive e per la vicinanza ai minacciati confini orientali e danubiani. Inoltre, particolare non secondario, consentiva a Costantino di sottrarsi all'influenza invadente, arrogante ed irritante degli aristocratici presenti nel Senato romano, che tra l'altro erano per lo più ancora di religione pagana, a differenza dell'imperatore.[23] La città venne inaugurata nel 330 e prese presto il nome di Costantinopoli. Rispetto alla vecchia città, la nuova era quattro volte più vasta: dove c'era un'antica porta Costantino pose un foro circolare, inoltre spostò le sue mura più ad occidente di 15 stadi.[24] Proprio qui Costantino si fece battezzare prima di morire: il suo corpo fu trasferito e seppellito nella chiesa dei Santi Apostoli.[11] La città (oggi Istanbul) resterà poi fino al 1453 capitale dell'Impero bizantino.

Amministrazione[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Diocesi (impero romano) e Prefettura del pretorio.

Riprendendo la divisione della riforma tetrarchica dioclezianea che prevedeva due Augusti e due Cesari, l'Impero venne ridisegnato e suddiviso in quattro prefetture, tutte facenti capo ad un unico Imperatore:[25]

All'interno dei queste prefetture mantenne rigidamente separati il potere civile e politico, da quello militare: la giurisdizione civile e giudiziaria era affidata ad un prefetto del pretorio, cui erano subordinati i vicari delle diocesi ed i governatori delle province. I prefetti furono, quindi, privati in parte del potere militare,[27] lasciando loro ancora compiti di logistica militare,[28] e diventarono amministratori delle grandi prefetture in cui era diviso l'impero. Essi svolgevano le seguenti funzioni:[29]

  1. la suprema amministrazione della giustizia e delle finanze (sostenendo anche le spese militari[30]).
  2. l’applicazione e, in alcuni casi, la modifica degli editti generali.
  3. controllo dei governatori delle province, i quali in caso di negligenza o corruzione venivano destituiti e/o puniti.
  4. Inoltre il tribunale del prefetto poteva giudicare ogni questione importante, civile o penale, e la sua sentenza era considerata definitiva, al punto che neanche gli imperatori osavano lamentarsi della sentenza del prefetto.

Costantino poi controbilanciava l’importanza e la potenza dei prefetti del pretorio con la breve durata della carica. Ogni prefettura, divisa in tredici diocesi, di cui una (Oriente) era governata da un Conte d'Oriente, un'altra (Egitto) da un Prefetto Augusteo, e le altre undici da altrettanti Vicari o sottoprefetti, i quali sottostavano all’autorità del prefetto del pretorio.[31] Ogni diocesi era ulteriormente suddivisa in province.

L'apparato burocratico venne snellito e suddiviso tra gli affari della corte, affidati a quattro alti dignitari, e gli affari dello Stato, affidati a tre alti funzionari: costoro, insieme ai prefetti urbani componevano il Concistorium principis o Sacrum concistorium ("Consiglio del principe" o "Sacro collegio").

I quattro dignitari che regolavano le attività della corte erano:

  • il comes rerum privatarum ("ministro degli affari privati"), che si occupava di gestire il patrimonio privato dell'imperatore[32],
  • il praepositus sacri cubiculi ("preposito del sacro cubicolo"), una sorta di gran ciambellano che si occupava della vita della corte imperiale e da cui dipendevano cortigiani e schiavi,
  • due comites domesticorum ("ministro dei domestici"), responsabili l'uno del personale che svolgeva il proprio servizio a piedi e l'altro del personale a cavallo e della guardia imperiale.

I tre alti funzionari a cui competeva l'amministrazione dello Stato erano:

  • il magister officiorum ("maestro degli uffici"), un cancellerie che si occupava dell'amministrazione interna e delle relazioni esterne,
  • il quaestor sacri palatii ("questore del sacro palazzo"), con competenza in materia di leggi e di giustizia, che dirigeva inoltre il "Consiglio del principe",
  • il comes sacrarum largitionum ("ministro delle sacre elargizioni"), che si occupava delle materie finanziarie statali.

La politica amministrativa di Costantino è controversa e in particolare è stata aspramente criticata dallo storico illuminista Edward Gibbon, autore di Storia del declino e della caduta dell'Impero romano (opera composta tra il 1776 ed il 1788), che dà di Costantino un giudizio estremamente negativo. Per Gibbon al tempo di Costantino: si istituì un poderoso sistema burocratico, coniando cariche sconosciute in antecedenza (magnifico, illustre, conte, duca, ecc.), tali da creare un controllo vessatorio e di spionaggio su tutte le province; i pretoriani erano in numero spropositato ed erano di origine armena, con corazze di argento e d'oro; la capitale trasferita da Roma a Costantinopoli (depredando importanti opere di Fidia ed altri scultori della Grecia classica) accentuò l'emarginazione del Senato romano; la tassazione esorbitante finì per spopolare anche una delle regioni (Campania) più produttive dell'Italia; si accentuò, inoltre, la disgregazione dell'esercito romano, sia con la nomina di barbari al massimo comando militare, sia con la penalizzazione economica dei soldati che salvaguardavano il confine (limes) dalle invasioni. Complessivamente, per Gibbon, neppure Caligola o Nerone fecero più danni all'impero di Costantino.

Politica estera e frontiere[modifica | modifica wikitesto]

Le frontiere romane settentrionali ed orientali al tempo di Costantino, con i territori acquisiti nel corso del trentennio di campagne militari (dal 306 al 337). La mappa qui sopra rappresenta anche il mondo romano poco dopo la morte di Costantino ( 337), con i territori "spartiti" tra i suoi tre figli ( Costante I, Costantino II e Costanzo II) ed i due nipoti ( Dalmazio e Annibaliano)
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Campagne germanico-sarmatiche di Costantino, Limes romano, Diga del Diavolo e Brazda lui Novac (limes).

Già ai tempi in cui era stato Cesare in Occidente, attorno agli anni 306-310,[33] Costantino ottenne grandi successi militari su Alemanni e Franchi, di cui si dice riuscì a catturare i loro re, dati in pasto alle belve durante i giochi gladiatorii.[15]

Divenuto unico augusto in Occidente nel 313 respinse una nuova invasione di Franchi in Gallia.[33] Dopo una prima crisi con Licinio, al termine della quale i due augusti trovarono un nuovo equilibrio strategico nel 317, ottenne nuovi successi contro le genti barbare lungo il Danubio. Egli, infatti, batté sia i Sarmati Iazigi nel 322[2][34] sia i Goti nel 323.[34]

Dopo il 316/317, avendo ottenuto da Licinio anche l'Illirico, Costantino non solo respinse numerose incursioni di Sarmati Iazigi e Goti (tra gli anni 322[34] e 332), ma potrebbe aver dato inizio alla costruzione di due nuovi tratti di limes: il primo nella pianura ungherese chiamato diga del Diavolo, formato da una serie di terrapieni che da Aquincum collegavano il fiume Tibisco, per poi piegare verso sud e collegare il fiume Mureș, percorrere il Banato fino al Danubio all'altezza di Viminacium;[35] il secondo nella Romania meridionale chiamato Brazda lui Novac, che correva parallelo a nord del basso corso del Danubio, da Drobeta alla pianura della Valacchia orientale fin quasi al fiume Siret.[35]

Divenuto unico augusto nel 324, affidò ai figli la difesa dell'Occidente contro Franchi ed Alamanni (contro i quali ottenne nuovi successi nel 328[36] ed il titolo di Alamannicus maximus, insieme a Costantino II[3]) mentre lui stesso combatteva sul confine danubiano i Goti (332[4]) e i Sarmati (335[4][5]). Divise l'impero tra i figli assegnando a Costantino II Gallia, Spagna e Britannia, a Costanzo II le province asiatiche, l'Oriente e l'Egitto e a Costante I l'Italia, l'Illirico e le province africane. Alla sua morte nel 337 si preparava ad affrontare in Oriente i Persiani.

Costantino nei suoi oltre trent'anni di regno aveva aspirato a riconquistare, non solo tutti i territori appartenuti all'Impero di Traiano,[37] ma soprattutto a diventare il protettore di tutti i Cristiani anche oltre le frontiere imperiali. Egli, infatti, costrinse molte delle popolazioni barbariche sottomesse a nord del Danubio, a sottoscrivere clausole religiose dopo averle battute più e più volte, come nel caso dei Sarmati e dei Goti. Identica sorte sarebbe toccata al regno d'Armenia ed ai Persiani se non fosse morto nel 337.[38]

Esercito[modifica | modifica wikitesto]

Mappa della ex- Dacia romana con il suo complesso sistema di fortificazioni e difesa. In grigio la cosiddetta diga del Diavolo ed a destra (in verde) il Brazda lui Novac, di epoca costantiniana.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Riforma costantiniana dell'esercito romano.

Le prime vere modifiche apportate da Costantino nella nuova organizzazione dell'esercito romano, furono effettuate subito dopo la vittoriosa battaglia di Ponte Milvio contro il rivale Massenzio nel 312. Egli infatti sciolse definitivamente la guardia pretoriana ed il reparto di cavalleria degli equites singulares e fece smantellare l'accampamento del Viminale.[39] Il posto dei pretoriani fu sostituito dalla nuova formazione delle schole palatine, le quali ebbero lunga vita poi a Bisanzio ormai legate alla persona dell'imperatore e destinate a seguirlo nei suoi spostamenti, e non più alla Capitale.[40]

Una nuova serie di riforme furono poi portate a termine una volta divenuto unico Augusto, subito dopo la sconfitta definitiva di Licinio nel 324.[40] La guida dell'esercito fu sottratta ai prefetti del pretorio, ed ora affidata a: il magister peditum (per la fanteria) ed il magister equitum (per la cavalleria).[27] I due titoli potevano tuttavia essere riuniti in una sola persona, tanto che in questo caso la denominazione della carica si trasformava magister peditum et equitum o magister utriusque militiae[41] (carica istituita verso la fine del regno, con due funzionari praesentalis[42]). I gradi più bassi della nuova gerarchia militare prevedevano, oltre ai soliti centurioni e tribuni, anche i cosiddetti duces,[27] i quali avevano il comando territoriale di specifici tratti di frontiera provinciale, a cui erano affidate truppe di limitanei. Costantino, inoltre, sempre secondo Zosimo, rimosse dalle frontiere la maggior parte dei soldati e li insediò nelle città (si tratta della creazione dei cosiddetti comitatensi):[43]

« ...città che non avevano bisogno di protezione, privò del soccorso quelle minacciate dai barbari [lungo le frontiere] e procurò alle città tranquille il danno generato dalla soldataglia, per questi motivi molte città risultano deserte. Lasciò anche che i soldati rammollissero, frequentando i teatri, ed abbandonandosi alla vita dissoluta. »
(Zosimo, Storia nuova, II, 34.2.)

Nell'evoluzione successiva il generale in campo svolse sempre più le funzioni di una sorta di ministro della guerra, mentre vennero create le cariche del magister equitum praesentalis e del magister peditum praesentalis ai quali veniva affidato il comando effettivo sul campo.

Monetazione[modifica | modifica wikitesto]

Nel 309-310 Costantino introdusse una riforma monetaria, necessaria anche per fare fronte alla scarsità di monete d'oro. Venne, quindi, introdotto il solidus d'oro, con un peso di 4,54 g pari a 1/72 di libbra, cioè più leggero (anche se più largo e sottile) dell'aureo, che in quel momento valeva 1/60 di libbra. Si ritornò inoltre al sistema bimetallico di Augusto coniando la siliqua d'argento, di 2,27 g pari a 1/144 di libbra: il miliarense, con un valore doppio della siliqua, aveva quindi lo stesso peso del solidus. Per quanto riguarda i bronzi, il follis, ormai fortemente svalutato, venne sostituito da una moneta di 3 g, detto nummus centonionalis, cioè 1/100 di siliqua.

Fu una riforma duratura, tanto che il peso aureo del solido introdotto con la riforma di Costantino rimase invariato per secoli anche durante l'impero bizantino. Ma a livello sociale le conseguenze furono catastrofiche: tutti coloro che non avevano accesso alla nuova moneta d'oro, infatti, dovettero subire le conseguenze dell'inflazione, a causa di una svalutazione rispetto al solidus delle altre monete d'argento e di rame, che non erano più protette dallo Stato. Il risultato fu una insuperabile spaccatura tra una minoranza privilegiata di ricchi e la massa dei poveri[44].

Successione[modifica | modifica wikitesto]

Albero genealogico della dinastia costantiniana: i discendenti di Costantino.

Costantino morì il 22 maggio 337 non molto lontano da Nicomedia (in località Achyrona),[11] mentre preparava una campagna militare contro i Sasanidi. Egli preferì non nominare un unico erede, ma dividere il potere tra i suoi tre figli cesari Costante I, Costantino II e Costanzo II e due nipoti Dalmazio e Annibaliano.[45] Costanzo, che era impegnato in Mesopotamia settentrionale a supervisionare la costruzione delle fortificazioni frontaliere,[46] si affrettò a tornare a Costantinopoli, dove organizzò e presenziò alle cerimonie funebri del padre: con questo gesto rafforzò i suoi diritti come successore e ottenne il sostegno dell'esercito, componente fondamentale della politica di Costantino.[47]

Durante l'estate del 337 si ebbe un eccidio, per mano dell'esercito, dei membri maschili della dinastia costantiniana e di altri esponenti di grande rilievo dello stato: solo i tre figli di Costantino e due suoi nipoti bambini (Gallo e Giuliano, figli del fratellastro Giulio Costanzo) furono risparmiati.[48] Le motivazioni dietro questa strage non sono chiare: secondo Eutropio Costanzo non fu tra i suoi promotori ma non tentò certo di opporvisi e condonò gli assassini;[49] Zosimo invece afferma che Costanzo fu l'organizzatore dell'eccidio.[50] Nel settembre dello stesso anno i tre cesari rimasti (Dalmazio era stato vittima della purga) si riunirono a Sirmio in Pannonia, dove il 9 settembre furono acclamati imperatori dall'esercito e si spartirono l'Impero: Costanzo si vide riconosciuta la sovranità sull'Oriente, Costante sull'Illirico e Costantino II sulla parte più occidentale (Gallie, Hispania e Britannia). La divisione del potere tra i tre fratelli durò poco: Costantino II morì nel 340, mentre cercava di rovesciare Costante, e Costanzo guadagnò i Balcani ;nel 350 Costante fu rovesciato dall'usurpatore Magnenzio, e Costanzo divenne unico imperatore.

Costantino e il cristianesimo[modifica | modifica wikitesto]

San Costantino
Raffigurazione di Costantino nella basilica di Santa Sofia a Istanbul. L'imperatore, che la Chiesa Ortodossa ha definito «Simile agli Apostoli», proclamandolo santo, è raffigurato nell'atto di dedicare la basilica.
Raffigurazione di Costantino nella basilica di Santa Sofia a Istanbul. L'imperatore, che la Chiesa Ortodossa ha definito «Simile agli Apostoli», proclamandolo santo, è raffigurato nell'atto di dedicare la basilica.
Nascita 27 febbraio 274
Morte 22 maggio 337
Venerato da Chiesa cristiana ortodossa
Santuario principale Chiesa dei Santi Apostoli, Istanbul

Il comportamento costantiniano in tema di religione ha dato spazio a molte controversie fra gli storici; controversie particolarmente aspre quando essi hanno preteso di valutare non solo il comportamento pubblico, ma le stesse convinzioni interiori. In alternativa all'opinione tradizionale, secondo cui Costantino si sarebbe convertito al cristianesimo poco prima della battaglia di Ponte Milvio, è stata, invece, asserita una sua costante adesione al culto solare, mettendo in dubbio perfino il battesimo in punto di morte. Secondo altri, poi, la religione sarebbe stata per Costantino un puro e semplice instrumentum regni. Lo storico svizzero Jacob Burckhardt, per esempio, afferma: «Nel caso di un uomo geniale, al quale l'ambizione e la sete di dominio non concedono un'ora di tregua, non si può parlare di cristianesimo o paganesimo, di religiosità o irreligiosità consapevoli: un uomo simile è essenzialmente areligioso, e lo sarebbe anche se egli immaginasse di far parte integrante di una comunità religiosa»[51]. Secondo altri ancora, poi, occorre distinguere fra convinzioni private e comportamento pubblico, vincolato dalla necessità di conservare il consenso delle proprie truppe (se non dei propri sudditi), qualunque ne fosse l'orientamento religioso. Da questo punto di vista è utile distinguere fra il comportamento di Costantino antecedente e quello successivo alla battaglia di Crisopoli, grazie alla quale conseguì il dominio assoluto sull'impero.


Che Costantino si sia progressivamente avvicinato al cristianesimo sono comunque d'accordo molti conoscitori di quell'epoca[52]. Tra costoro il grande archeologo e storico Paul Veyne, di estrazione marxista sostiene con sicurezza l'autenticità della conversione di Costantino, ricordando, con J.B. Bury, che la sua «rivoluzione [...] fu forse l'atto più audace mai compiuto da un autocrate in ispregio alla grande maggioranza dei suoi sudditi». E ciò in considerazione del fatto che la popolazione cristiana era circa il 10% del totale nel futuro Impero Romano d'Occidente.

Paul Veyne ha inoltre proposto una interessante teoria per tentare di spiegare in modo razionale il fenomeno leggendario della visione che potrebbe aver spinto Costantino ad una conversione solo apparentemente improvvisa. L’eminente studioso ipotizza che un sogno abbia potuto avere azione catalitica su di un terreno psicologico predisposto da esperienze e suggestioni vissute precedentemente[53].

È comunque assolutamente fuori di dubbio la sincerità costantiniana nella ricerca dell'unità e concordia della Chiesa, la cui necessità derivava da un preciso disegno politico che considerava l'unità del mondo cristiano condizione indispensabile alla stabilità della potenza imperiale. Costantino infatti interpretava in senso cristiano l'antico tema, caro alla Roma imperale pagana, della pax deorum, nel senso che la forza dell'impero non derivava semplicemente dalle azioni di un principe illuminato, da una saggia amministrazione e dall'efficienza di un ben strutturato e disciplinato esercito, ma direttamente dalla benevolenza di Dio. Mentre però, nella religione romana, vi era un diretto rapporto tra il potere imperiale e le divinità, l'imperatore cristiano non poteva ignorare la Chiesa, un'istituzione che, tramite i suoi vescovi, era l'unica mediatrice della fonte divina del potere, e Costantino non poteva fare a meno di essere coinvolto nelle lotte teologiche della Chiesa. Su una tale base ideologica, questa ricerca dell'unità e della concordia dei cristiani comportava quindi anche interventi molto duri nei confronti di coloro che lo stesso imperatore considerava eretici, che erano trattati come, se non più duramente, dei pagani. I conflitti teologici si trovarono dunque ad avere una ricaduta politica, mentre d'altra parte le sorti interne dell'Impero erano sempre più dipendenti dai risultati delle lotte teologiche; gli stessi vescovi, infatti, sollecitavano continuamente l'intervento dell'imperatore per la corretta applicazione delle decisioni dei concili, per la convocazione dei sinodi e anche per la definizione di controversie teologiche: ogni successo di una fazione comportava la deposizione e l'esilio dei capi della fazione opposta, con i metodi tipici della lotta politica[54].

Il contesto religioso[modifica | modifica wikitesto]

Nel III secolo la religione pagana si era fortemente trasformata: sulla spinta della insicurezza dei tempi e dell'influsso dei culti di origine orientale, le sue caratteristiche pubbliche e ritualistiche avevano sempre più perso di significato di fronte ad una più intensa e personale spiritualità. Si era andato diffondendo un sincretismo venato di monoteismo e si tendeva a vedere nelle immagini degli dei tradizionali l'espressione di un unico essere divino.

Una forma politica a questa aspirazione sincretistica fu data dall'imperatore Aureliano (275), con l'istituzione del culto ufficiale del Sol Invictus ("Sole Invitto"), con elementi del mitraismo e di altri culti solari di origine orientale. Il culto era diffuso nell'esercito, soprattutto nell'occidente, e ad esso non furono estranei né Costanzo Cloro, il padre di Costantino, né Costantino stesso.[55]

Costantino fu certamente il primo a comprendere l'importanza della nuova religione cristiana per rafforzare la coesione culturale e politica dell'impero romano.

La religione nelle monete di Costantino[modifica | modifica wikitesto]

Moneta di Costantino, con una rappresentazione del Sol Invictus e l'iscrizione SOLI INVICTO COMITI, "al Sole Invitto compagno"
Moneta di Costantino (ca.327) con la rappresentazione del monogramma di Cristo sopra il labaro imperiale

Le monete coniate da Costantino forniscono indirettamente notizie sull'atteggiamento pubblico di Costantino verso i culti religiosi. Quando ancora ricopriva il ruolo di Cesare, alcune emissioni si inserirono nel classico filone della Tetrarchia, con dediche «al Genio del Popolo Romano» ("Gen Pop Romani"), provenienti specialmente dalla zecca di Londinium (Londra). Ancora per alcuni anni dopo la battaglia di Ponte Milvio le zecche orientali (Alessandria, Antiochia, Cyzicus, Nicomedia, ecc.) continuarono a produrre monete dedicate «a Giove salvatore» (Iovi conservatori); nello stesso periodo le monete delle zecche occidentali (Arles, Londra, Lione, Augusta Treverorum, Pavia, ecc) continuarono a coniare monete dedicate «al Sole invitto compagno» e, nel caso della zecca di Pavia, anche «a Marte salvatore» (Marti Conservatori) e «a Marte Protettore della Patria» (Marti Patri Conservatori).

L'attributo «compagno» riferito al Sole, che manca in monete analoghe di precedenti imperatori, è singolare e occorre chiedersene il significato. Normalmente viene interpretato come «al compagno (di Costantino), il Sole Invitto»; indicherebbe quindi una indiretta deificazione dell'imperatore stesso. Il vero significato, però, potrebbe anche essere completamente diverso. Nell'età imperiale, infatti, la parola latina comes, oltre che «compagno» indicava un funzionario imperiale e perciò da essa è derivato il titolo nobiliare «conte». Alle orecchie dei cristiani, quindi, questa strana legenda poteva ricordare che il sole non era un dio, ma una potenza subordinata alla divinità suprema. A sua volta l'imperatore si presentava come l'autorità suprema in terra allo stesso modo come il sole lo era in cielo; autorità, però, entrambe subordinate.

Questa interpretazione è confermata dall'emissione del 316 (durante la prima guerra civile contro il pagano Licinio), la cui legenda recita: SOLI INVIC COM DN (soli invicto comiti domini), che potrebbe essere tradotto come «al sole invitto compagno del signore», ma che sembra più logico tradurre «al sole invitto, ministro del Signore».

Verso il 319 la maggior parte delle zecche sia in oriente che in occidente passarono ad emissioni laiche benaugurali, fra cui per prima quella con la legenda «Liete vittorie al principe perpetuo» (Victoriae laetae prin. perp.).

Le monete con simboli cristiani o supposti tali sono rare e costituiscono solo circa l'1% delle tipologie conosciute. La zecca di Pavia (Ticinum) coniò nel 315 un medaglione d'argento in cui il monogramma di Cristo era riprodotto sopra l'elmo piumato dell'imperatore. Solo dopo la vittoria su Licinio compare la tipologia con il labaro imperiale e il monogramma di Cristo, che trafiggono un serpente, simbolo appunto di Licinio,[56] e simultaneamente scompaiono del tutto dalle monete sia le immagini del sole invitto sia la corona radiata, altro simbolo apollineo e solare.

Nel 326 appare il diadema, simbolo monarchico di derivazione ellenistica, e poco dopo il sovrano viene raffigurato con lo sguardo rivolto in alto, come nei ritratti ellenistici, a simboleggiare il contatto privilegiato tra l'imperatore e la divinità.

L'ambiguitas constantiniana[modifica | modifica wikitesto]

Quanto sopra osservato a proposito delle monete di Costantino, cioè la volontà imperiale di presentarsi come un prediletto dal cielo, senza, però, mettere in chiaro quale fosse la divinità, può essere rilevato in molti altri aspetti dell'impero di Costantino.

Il ruolo determinante giocato da Costantino nell'ambito della chiesa cristiana (ad esempio tramite la convocazione di concili e il presiederne i lavori) non deve oscurare il fatto che Costantino svolse funzioni analoghe nell'ambito di altri culti. Egli infatti mantenne la carica di pontefice massimo della religione pagana; carica che era stata di tutti gli imperatori romani a partire da Augusto. Lo stesso fecero i suoi successori cristiani fino al 375.

Anche la battaglia di Ponte Milvio, con cui nel 312 Costantino sconfisse Massenzio, diede origine a leggende discordanti, che, però, potrebbero risalire tutte a Costantino, sempre attento a presentarsi come prescelto dalla divinità, qualunque essa fosse. Per queste leggende si veda la voce in hoc signo vinces.

Si dice che Costantino, dopo la battaglia di Ponte Milvio, fece dono a papa Silvestro I dello splendido Palazzo Laterano (di proprietà della moglie Fausta), consegnando così al papa romano la città di Roma e dando avvio, con quell'atto di devoluzione, al potere temporale dei papi,[57] ma la cosiddetta Donazione di Costantino (nota in latino come "Constitutum Constantini", ossia "decisione", "delibera", "editto") è un documento apocrifo conservato in copia nelle Decretali dello Pseudo-Isidoro (IX secolo) e, come interpolazione, in alcuni manoscritti del Decretum di Graziano (XII secolo). Nel 1440 il filologo italiano Lorenzo Valla dimostrò in modo inequivocabile come il documento fosse un falso, nella sua opera De falso credita et ementita Constantini donatione.

Colonna di Costantino I a Costantinopoli. Sotto di essa l'imperatore avrebbe posto amuleti pagani e reliquie cristiane a protezione della città

Dietro quella donazione, quindi, probabilmente c'era già il vasto disegno politico non tanto di favorire la supremazia del Cristianesimo come farà Teodosio alla fine del IV secolo (391), quanto di evitare che l'Impero fosse disgregato da tensioni religiose tra i culti pagani tradizionali ed il nuovo culto rappresentato dal Cristianesimo.

In questo senso si spiegano sia l'editto imperiale di tolleranza o l'editto di Milano del 313 (conferma rafforzata di un editto di Galerio del 30 aprile 311), sia l'iscrizione sull'arco di Costantino: entrambi citano una generica "divinità", che poteva dunque essere identificata sia con il Dio cristiano, sia con il dio solare. L'ambiguità dell'Editto di Milano, però, è ovvia, dato che esso fu proclamato dal pagano Licinio.

Costantino perseguiva probabilmente il proposito di riavvicinare i culti presenti nell'impero, nel quadro di un non troppo definito monoteismo imperiale. Le festività religiose più importanti del cristianesimo e della religione solare furono fatte coincidere. Il giorno natale del Sole e del dio Mitra, il 25 dicembre, divenne anche quello della nascita di Gesù. Le statue del dio Sole erano spesso adornate del simbolo della Croce, ma a Costantinopoli furono eretti anche dei templi pagani.

Nel 321 fu introdotta la settimana di sette giorni e fu decretato come giorno di riposo il dies Solis (il "giorno del Sole", che corrisponde alla nostra domenica).

(LA)

« Imperator Constantinus.Omnes iudices urbanaeque plebes et artium officia cunctarum venerabili die solis quiescant. ruri tamen positi agrorum culturae libere licenterque inserviant, quoniam frequenter evenit, ut non alio aptius die frumenta sulcis aut vineae scrobibus commendentur, ne occasione momenti pereat commoditas caelesti provisione concessa. * Const. A. Helpidio. * <a 321 PP. V NON. MART. CRISPO II ET CONSTANTINO II CONSS.> »

(IT)

« Nel venerabile giorno del Sole, si riposino i magistrati e gli abitanti delle città, e si lascino chiusi tutti i negozi. Nelle campagne, però, la gente sia libera legalmente di continuare il proprio lavoro, perché spesso capita che non si possa rimandare la mietitura del grano o la cura delle vigne; sia così, per timore che negando il momento giusto per tali lavori, vada perduto il momento opportuno, stabilito dal cielo. »

(Codice giustinianeo 3.12.2)

Benché dopo la sconfitta di Licinio il cristianesimo di Costantino trovi sempre più conferme pubbliche, occorre non dimenticare che: «Mentre egli e sua madre abbelliscono la Palestina e le grandi città dell'impero di sfarzosissime chiese, nella nuova Costantinopoli egli fa costruire anche dei templi pagani. Due di questi, quello della Madre degli dèi e quello dei Dioscuri, possono essere stati semplici edifici decorativi destinati a contenere le statue collocatevi come opere d'arte, ma il tempio e la statua di Tyche, personificazione divinizzata della città, dovevano essere oggetto di un vero e proprio culto».[58]

Probabilmente il progetto politico di Costantino di tollerare il Cristianesimo, se non frutto di una conversione personale autentica, nacque dalla presa d'atto del fallimento della persecuzione contro i cristiani scatenata da Diocleziano. La sconfitta così clamorosa di Diocleziano aveva dovuto persuadere Costantino che l'Impero aveva bisogno di una nuova base morale che la religione tradizionale era incapace di offrirgli. Bisognava, quindi, trasformare la forza potenzialmente disgregante delle comunità cristiane, dotate di grandi capacità organizzative oltre che di grande entusiasmo, in una forza di coesione per l'Impero. Questo è il senso profondo della svolta costantiniana, che finì per chiudere la fase movimentista del cristianesimo trascendente ed aprire quella del cristianesimo politicamente trionfante. Dal 313 in poi i cristiani furono inseriti sempre di più nei gangli vitali del potere imperiale. Inoltre, alla Chiesa cristiana, già alimentata cospicuamente dal flusso delle contribuzioni spontanee dei fedeli, furono concesse inaudite esenzioni e privilegi fiscali, moltiplicandone la ricchezza. Dopo l'esercito, la Chiesa cristiana grazie a Costantino stava diventando il secondo pilastro dell'Impero.[59]

La conversione[modifica | modifica wikitesto]

Costantino ricevette il battesimo cristiano solo in punto di morte;[11][60][61][62][63] fu un suo consigliere, il vescovo ariano Eusebio di Nicomedia, a battezzarlo.[64] Alcuni storici, però, ritengono che questo racconto possa essere stato tramandato per motivi politico-religiosi e propagandistici. Va detto che il battesimo ricevuto sul letto di morte da catecumeno era un'usanza del tempo, quando non essendo stato ancora riconosciuto il sacramento della confessione si preferiva annullare tutti i propri peccati prima della morte, che avveniva così in albis.

Dal papiro di Londra numero 878, che contiene una parte di un editto del 324, e da un'attenta riconsiderazione storica pare però che Costantino fosse animato da "un effettivo accostamento al sentimento cristiano"[65].

Che sia stato per convinzione personale o per calcolo politico, Costantino appoggiò comunque la religione cristiana, costruendo basiliche a Roma, Gerusalemme e nella stessa Costantinopoli; conferì alle chiese il diritto di ricevere beni in eredità e quelle maggiori furono dotate di vaste proprietà; diede ai vescovi privilegi e poteri giudiziari; concesse gli episcopalis audientia.

A Costantino è attribuita anche un'ingente donazione (detta infatti Donazione di Costantino) in favore della Chiesa, che sarebbe stata dettata nell'anno 324: in realtà il documento di tale donazione è stato provato essere falso dall'umanista Lorenzo Valla. La sua redazione risale al periodo dell'iconoclastia, quando il papato voleva difendersi dal cesaropapismo degli imperatori bizantini.

Il riformatore cristiano[modifica | modifica wikitesto]

La politica di Costantino mirava a creare una base salda per il potere imperiale nella stessa religione cristiana, di cui era dunque importantissima l'unità: per questo motivo, pur non essendo battezzato, indisse diversi concili, come "vescovo di quanti sono fuori della chiesa".

L'icona di San Costantino nel Castello di Lari ( Toscana), opera realizzata per i 1700 anni dell'editto di Milano del 313 d.C.

Il primo fu quello convocato ad Arelate (Concilio di Arles), in Francia nel 314, che confermò una sentenza emessa da una commissione di vescovi a Roma, che aveva condannato l'eresia donatista, intransigente nei confronti di tutti i cristiani che si erano piegati alla persecuzione dioclezianea: in particolare si trattava del rifiuto di riconoscere come vescovo di Cartagine Cipriano, il quale era stato consacrato da un vescovo che aveva consegnato i libri sacri.

Ancora nel 325, convocò a Nicea il primo concilio ecumenico, che lui stesso inaugurò, per risolvere la questione dell'eresia ariana: Ario, un prete alessandrino sosteneva che il Figlio non era della stessa "sostanza" del padre, ma il concilio ne condannò le tesi, proclamando l'omousia, ossia la medesima natura del Padre e del Figlio. Il concilio di Tiro del 335 condannerà tuttavia Atanasio, vescovo di Alessandria, il più accanito oppositore di Ario, soprattutto a causa delle accuse politiche che gli vennero rivolte.

Per la sua sepoltura l'imperatore fece costruire un mausoleo vicino alla chiesa dei Santi Apostoli, tra le reliquie di questi ultimi.

Costantino è considerato santo dalla chiesa cristiana ortodossa, che secondo il Sinassario Costantinopolitano lo celebra il 21 maggio assieme alla madre Elena.

La santità di Costantino non è riconosciuta dalla chiesa cattolica (infatti non è riportato nel Martirologio Romano), che tuttavia celebra sua madre[66] il 18 agosto.

A livello locale il culto di San Costantino è comunque autorizzato anche nelle chiese di rito romano-latino. In Sardegna, per esempio, la festa del santo (nella tradizione religiosa sarda) ricorre il 7 luglio. In Sardegna c'è anche un intero santuario dedicato a San Costantino imperatore. Si trova a Sedilo, nel centro geografico dell'isola. Qui il 6 e 7 luglio di ogni anno si corre l'Ardia: una sfrenata e spettacolare corsa a cavallo di origine bizantina che rievoca la vittoria del 312 a Ponte Milvio. Altre attestazioni minori si hanno in vari luoghi della Sicilia; l'ultimo sabato di luglio, a Capri Leone, paese in provincia di Messina, si festeggia la festività in suo onore, dove, per devozione paesana egli è divenuto Santo Patrono, suggestiva la processione serale, con il simulacro di Costantino Imperatore, portato a spalla dai fedeli.

Titolatura imperiale[modifica | modifica wikitesto]

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Monetazione tetrarchica e Monetazione di Costantino e dei Costantinidi.
Titolatura imperiale Numero di volte Datazione evento
Tribunicia potestas 33 anni consecutivi:[67] dal 306 al 22 maggio del 337.[67]
Consolato 8 volte:[67] nel 307 (I), 312 (II), 313 (III), 315 (IV), 319 (V), 320 (VI), 326 (VII), 329 (VIII).
Salutatio imperatoria 32 volte:[67] la prima nel 306 quando fu proclamato Caesar, poi nel 307 (2° e 3°), 308 (4°), poi rinnovata ogni anno dal luglio del 309 fino al luglio del 336.[67]
Titoli vittoriosi Germanicus maximus IV (nel 307, 308, 314 circa e 328-329;[2][3][4][5][6]); Sarmaticus maximus III[3] (317/319,[7] 323[2] e 334[2]);[4][5][6] Gothicus maximus II (328 o 329 e 332[2][3][4][6][6]); Dacicus maximus (336[2][3]); Adiabenicus (ante 315[6]); Arabicus maximus (tra il 315 e il 319[7]); Armeniacus maximus (tra il 315 e il 319[7]); Britannicus maximus (ante 315[6][7]); Medicus maximus (ante 315[6][7]); Persicus maximus (nel 312/313,[9] ante 315[6]).
Altri titoli Caesar (dal 306 al 313) e Augustus (dal 313 al 337);[67] Pater Patriae, Felix, Invictus, Proconsul e Pontifex Maximus (nel 307);[67] Maximus dal 312;[67] Victor (in sostituzione di Invictus) dal 324.[67]

Località italiane in cui è attestato il culto a San Costantino imperatore[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Aurea Roma: dalla città pagana alla città cristiana. URL consultato il 29 maggio 2012.
  2. ^ a b c d e f g h i j k T.D.Barnes, Victories of Constantine, in Zeitschrift fur Papyrologie und Epigraphik, 20, pp.149-155.
  3. ^ a b c d e f g h i CIL VI, 40776.
  4. ^ a b c d e f g h CIL VIII, 8477 (p 1920).
  5. ^ a b c d e CIL VIII, 10064.
  6. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p CIL VIII, 23116.
  7. ^ a b c d e f g h i j Iscrizione databile al 319 sulla quale troviamo diversi titoli vittoriosi:
    « Imperatori Caesari Flavio Constantino Maximo Pio Felici Invicto Augusto pontifici maximo, Germanico maximo III, Sarmatico maximo Britannico maximo, Arabico maximo, Medico maximo, Armenico maximo, Gothico maximo, tribunicia potestate XIIII, imperatori XIII, consuli IIII patri patriae, proconsuli, Flavius Terentianus vir perfectissimus praeses provinciae Mauretaniae Sitifensis numini maiestatique eius semper dicatissimus. »
    (CIL VIII, 8412 (p 1916))
  8. ^ Y.Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma, 2008, p.53; C.Scarre, Chronicle of the roman emperors, New York, 1999, p.214.
  9. ^ a b Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, IX, 8, 2-4; Giovanni Malalas, Cronografia, XII, p.311, 2-14;
    IL Alg-1, 3956 (Africa proconsularis, Tenoukla): Dddominis nnnostris Flavio Valerio Constantino Germanico Sarmatico Persico et Galerio Maximino Sarmatico Germanico Persico et Galerio Valerio Invicto (?) Pio Felici Augusto XI.
  10. ^ Il giorno e il mese sono largamente accettati, mentre l'anno è talvolta anticipato al 271 o ritardato al 275 o anche molto più tardi (ad esempio "ca. 280" secondo l'Enciclopedia Europea della Garzanti del 1977. Fonti WEB citano addirittura il 289.). Il suo biografo ufficiale, Eusebio di Cesarea, dice soltanto che la sua vita fu approssimativamente lunga il doppio del suo regno, cioè circa 62-63 anni. Purtroppo Eusebio dichiara che il suo regno durò 32 anni (e non 31), in quanto contava come interi anche gli spezzoni incompleti dell'anno di nascita e di morte; ciò ha indotto in errore alcuni storici, che anticipano di due anni la sua nascita
  11. ^ a b c d e Sesto Aurelio Vittore, De Caesaribus, 41.16; Sofronio Eusebio Girolamo, Cronaca, 337, p. 234, 8-10; Eutropio, Breviarium historiae romanae, X, 8.2; Annales Valesiani, VI, 35; Orosio, Historiae adversos paganos, VII, 28, 31; Chronicon paschale, p.532, 7-21; Teofane Confessore, Chronographia A.M. 5828 (testo latino); Michele siriaco, Cronaca, VII, 3.
  12. ^ Il titolo imperiale ufficiale era IMPERATOR CAESAR FLAVIVS CONSTANTINVS PIVS FELIX INVICTVS AVGVSTVS; dopo il 312 aggiunse MAXIMVS ("il grande") e dopo il 325 sostituì INVICTVS con VICTOR, in quanto INVICTVS ricordava il culto del Sol Invictus.
  13. ^ Martyrologium su santiebeati.it
  14. ^ Sesto Aurelio Vittore, Epitome del Caesaribus, 41.3.
  15. ^ a b Eutropio, Breviarium historiae romanae, X, 3.
  16. ^ a b Zosimo, Storia nuova, II, 15, 1.
  17. ^ Eutropio, Breviarium historiae romanae, X, 4.
  18. ^ Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 42–44.
  19. ^ Nella pianura tra Rivoli e Pianezza: Vittorio Messori e Giovanni Cazzullo, Il Mistero di Torino, Milano, Mondadori, 2005, ISBN 88-04-52070-1. p. 212
  20. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 26.
  21. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 28.
  22. ^ a b Zosimo, Storia nuova, II, 29.
  23. ^ Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004.
  24. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 30.
  25. ^ a b Zosimo, Storia nuova, II, 33.1.
  26. ^ a b c Zosimo, Storia nuova, II, 33.2.
  27. ^ a b c Zosimo, Storia nuova, II, 33.3.
  28. ^ Ammiano Marcellino, Storie, XX, 4, 6, 8, 20.
  29. ^ Gibbon (a cura di Saunders), pag. 254-255.
  30. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 33.4.
  31. ^ Gibbon (a cura di Saunders), pag. 256-257
  32. ^ Per la traduzione di "comes" con "ministro" si interpreti: Ita etiam qui sacri Palatii ministeriis ac officiis praeficiebantur, eorumdem ministeriorum ac officiorum Comites dicti, ut ex infra observandis constat., cfr. Du Cange, II, 423
  33. ^ a b Anselmo Baroni, Cronologia della storia romana dal 235 al 476, p. 1026-1027.
  34. ^ a b c Zosimo, Storia nuova, II, 21, 1-3.
  35. ^ a b V.A. Maxfield, L'Europa continentale, pp. 210-213.
  36. ^ Anselmo Baroni, Cronologia della storia romana dal 235 al 476, p. 1029.
  37. ^ Flavio Claudio Giuliano, De Caesaribus, 329c.
  38. ^ C.R.Whittaker, Frontiers of the Roman empire. A social ad economic study, Baltimora & London, 1997, p.202.
  39. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 17, 2.
  40. ^ a b Yann Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma, 2008, p.53.
  41. ^ Giovanni Lido, De magistratibus, II, 10; Zosimo, Storia nuova, II, 33.3.
  42. ^ Y.Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma 2008, p.110
  43. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 34.2.
  44. ^ Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza',' Einaudi, 2004, p. 142.
  45. ^ Chronicon paschale, p.532, 1-21.
  46. ^ Bury, p. 12.
  47. ^ Chronicon paschale, p.533, 5-17; Passio Artemii, 8 (8.12-19); Zonara, L'epitome delle storie, XIII, 4, 25-28.
  48. ^ In particolare furono uccisi i fratellastri di Costantino I, Giulio Costanzo, Nepoziano e Dalmazio, alcuni loro figli, come Dalmazio Cesare e Annibaliano, e alcuni funzionari, come Optato e Ablabio.
  49. ^ Eutropio, Breviarium historiae romanae, X, 9.
  50. ^ Zosimo, Storia nuova, ii.40.
  51. ^ Burckhardt, Costantino il Grande e i suoi tempi, tr.it. Longanesi 1957, p.521
  52. ^ Ad esempio, Guido Clemente, titolare della cattedra di storia romana all'università di Firenze, autore di una Guida alla storia romana; Augusto Fraschetti, docente di storia economica e sociale del mondo antico presso la Sapienza di Roma, autore de La conversione. Da Roma pagana a Roma cristiana; Arnaldo Marcone docente di Storia romana all'università di Udine, autore di Pagano e cristiano. Vita e morte di Costantino; Robin Lane Fox, docente di Storia antica presso il College di Oxford, autore di Pagani e cristiani; e tantissimi altri titolati studiosi del mondo antico, come Andrea Alfoldi, Franchi de' Cavalieri, Norman Baynes, Marta Sordi, Klaus Bringmann.
  53. ^ Paul Veyne, Quando l’Europa è diventata cristiana (312-394), Collezione Storica Garzanti, Milano, 2008 pp. 64-65
  54. ^ G. Filoramo, La croce e il potere, Mondadori, Milano, 2011, pag. 145 e sgg.
  55. ^ E. Horst, Costantino il grande, Milano 1987, p. 31.
  56. ^ Notizie in inglese sulle monete di Costantino in bronzo con simboli cristiani
  57. ^ Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 156.
  58. ^ Burckhardt, cit. (p. 539)
  59. ^ Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, pp. 157-158.
  60. ^ Sozomeno, Historia Ecclesiastica, II,34.
  61. ^ Eusebio di Cesarea, Vita Constantini,IV,61-63.
  62. ^ Socrate Scolastico, Historia Ecclesiastica,I,39.
  63. ^ Teodoreto di Cirro, Historia Ecclesiastica,I,30.
  64. ^ Girolamo, Chronicon.
  65. ^ Ranuccio Bianchi Bandinelli e Mario Torelli, L'arte dell'antichità classica, Etruria-Roma, Utet, Torino 1976, pag 112.
  66. ^ Anche se si pensa che la madre di Costantino propendesse più per la religione ebraica, tanto da restare delusa alla notizia della conversione al cristianesimo del figlio (Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza',' Einaudi, 2004, p. 156).
  67. ^ a b c d e f g h i Scarre, p. 214.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti
Studi
  • Andreas Alfoldi, Costantino tra paganesimo e cristianesimo, Laterza, Roma-Bari, 1976
  • T. D. Barnes, Victories of Constantine, in Scritti su papirologia ed epigrafia, 20, 1976.
  • (EN) Timothy Barnes, Constantine and Eusebius, Cambridge, MA Harvard University Press, 1981, ISBN 978-0-674-16531-1.
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  • Ranuccio Bianchi Bandinelli e Mario Torelli, L'arte dell'antichità classica. Etruria-Roma, UTET, Torino, 1976 e successive rist.
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Filmografia

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Costanzo Cloro (con Galerio) 306 - 337 Costantino II
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