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Sultanato mamelucco (1250 - 1517)
succeeded by
  Impero ottomano (1299-1923)
 


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Sultanato Mamelucco d'Egitto
Sultanato Mamelucco d'Egitto – Bandiera
Dati amministrativi
Nome completo Sulṭanat Misr al-Mamālīk
Nome ufficiale سلطنة المماليك
Lingue ufficiali Arabo
Lingue parlate Arabo, turco, copto
Capitale Cairo
Politica
Forma di governo Monarchia assoluta di carattere islamico
Nascita 1250 con al-Muʿizz ʿIzz al-Dīn Aybak
Causa Morte di al-Salih Ayyub senza eredi
Fine 1517 con Ṭūmān Bāy II
Causa Conquista da parte di Selim I
Territorio e popolazione
Bacino geografico Medio Oriente sud-occidentale
Territorio originale Egitto
Religione e società
Religioni preminenti Islam, cristianesimo copto
Religione di Stato Islam
Sultanato Mamelucco d'Egitto - Mappa
Il sultanato mamelucco nella sua massima espansione
Evoluzione storica
Preceduto da Flag of Ayyubid Dynasty.svg Sultanato ayyubide
Succeduto da Ottoman flag.svg Impero ottomano

Il sultanato mamelucco fu un regime composto da mamelucchi che regnò sull'Egitto dalla metà del XIII secolo ai primi anni del XVI. Dai tempi della caduta degli ayyubidi, la maggior parte dei mamelucchi erano arabi e kipčaki turchi.[1] Finché i mamelucchi venivano acquistati, il loro status era poco al di sopra degli schiavi, che non erano autorizzati a portare armi o eseguire determinate attività. Soltanto alla fine, vennero considerati come "veri signori", con lo status sociale al di sopra dei nati musulmani egiziani, quando regnarono sull'Egitto dopo l'estinzione della dinastia ayyubide.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Salita al potere[modifica | modifica wikitesto]

1leftarrow.pngVoce principale: dinastia Bahri.

I reggimenti di militari mamelucchi costituirono il nocciolo duro dell'esercito ayyubide alla fine di questa dinastia. Ciascun sultano aveva il suo corpo militare privato, ed il sultano al-Salih Ayyub (r. 1240-1249) fece soprattutto affidamento su questo mezzo per mantenere il potere. I suoi mamelucchi, fra 800 e 1.000 cavalieri, venivano chiamati Bahris, dal termine arabo bahr (بحر), significante mare o grande fiume, poiché le loro caserme erano ubicate sull'isola di Rawda sul Nilo. Venivano scelti, per lo più, fra i turchi Kipchak che controllavano le steppe a nord del Mar Nero.[2]

Nel 1249 Luigi IX guidò una Crociata che invase l'Egitto, conquistando Damietta e procedendo velocemente verso sud. Durante la sua avanzata, as-Salih Ayyub morì e gli succedette il figlio al-Mu`azzam Turanshah, ma prima che Turanshah arrivasse al fronte, i mamelucchi Bahri sconfissero i crociati nella Battaglia di Al Mansurah facendo prigioniero Luigi e ponendo così fine alla Crociata. Turanshah procedette a mettere il suo entourage e soprattutto i suoi mamelucchi, chiamati Mu `azzamis, in posizioni di potere a scapito degli interessi Bahri. Quattro settimane dopo la cattura di Luigi, il 2 maggio 1250, un gruppo di Bahris assassinò Turanshah.[3]

Guerre con mongoli e crociati[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la morte di Turanshah si succedettero dieci anni di instabilità politica in Egitto e in Siria, durante il quale diverse fazioni in competizione fra loro si disputarono il controllo del territorio. Nel 1254, quando una fazione rivale, sotto la guida di Qutuz, divenne potente, la maggior parte dei Bahris fuggirono a Il Cairo e si posero al servizio di emiri ayyubidi in Siria. Nel frattempo, i mongoli sotto il comando di Hulegu invasero il in forze il Medio Oriente. Saccheggiarono Baghdad nel 1258 e proseguirono verso occidente, catturando Aleppo e Damasco. Qutuz e i Bahris accettarono di mettere da parte le loro differenze per affrontare la minaccia comune. Essi si scontrarono con un contingente di mongoli nella battaglia di 'Ayn Jalut e li sconfissero. Con la minaccia mongola temporaneamente superata, le rivalità tra i mamelucchi ripresero, e Baybars, uno dei principali Bahri, assassinò Qutuz e ne rivendicò il sultanato.

Cambio di regime[modifica | modifica wikitesto]

1leftarrow.pngVoce principale: Dinastia Burji.

Nel 1377 scoppiò una rivolta in Siria che si propagò anche all'Egitto, ed il governo venne assunto dai circassi Barakah e Barkuk; nel 1382 l'ultimo sultano Bahri al-Salih Salah Zein al-Din Hajji venne detronizzato, ponendo così fine alla dinastia Bahri, e Barquq venne proclamato sultano. Egli venne poi cacciato nel 1389 ma riconquistò Il Cairo nel 1390. Permando in potere costituì quella che è chiamata la dinastia Burji.[4]

Gli ottomani e la fine del sultanato mamelucco[modifica | modifica wikitesto]

Il sultano ottomano Bayezid II era impegnato in campagne militari in Europa quando si aprì un nuovo scenario bellico in Egitto nel 1501. Esso nacque dai rapporti con la dinastia dei safavidi in Persia. Lo Shah Isma'il I inviò un'ambasciata alla Repubblica di Venezia via Siria invitandola ad unirsi a lui per recuperare il territorio conquistato dalla "Sublime porta" (Ottomani). Il sultano mamelucco egiziano Al-Ghawri venne accusato da Selim di concedere il passaggio agli inviati del safavide Ismail in Siria nel loro cammino verso Venezia e di annidamento di rifugiati. Per placarlo, Al-Ghawri mise in cella dei mercanti veneziani, sia in Siria che in Egitto, ma li rilasciò dopo un anno.

Dopo la Battaglia di Cialdiran nel 1514, Selim I attaccò il Bey di Dulkadir, un vassallo egiziano, ed inviò la sua testa al sultano mamelucco Al-Ghawri. Sicuro ora contro Shah Isma'il I nel 1516 mise insieme un grande esercito con l'obiettivo di conquistare l'Egitto, ma per ingannare gli avversari lo presentò come mezzo di offesa contro Shah Isma'il I. Nel 1515 iniziò la guerra che portò al passaggio dell'Egitto nell'Impero Ottomano, dimostrando che la cavalleria mamelucca non poteva competere con l'artiglieria ottomana e i giannizzeri. Il 24 agosto 1515, alla Battaglia di Merj Dabik il sultano Al-Ghawri venne ucciso. La Siria passò ai turchi, che furono accolti in molti luoghi, come la liberazione dai mamelucchi. Il sultanato mamelucco sopravvisse fino al 1517, quando fu conquistato dall'Impero ottomano. Il Sultano ottomano Selim I prese Il Cairo il 20 gennaio trasferendo poi il centro del potere a Costantinopoli. Anche se non nella stessa forma come con il Sultanato, l'Impero Ottomano mantenne i mamelucchi come classe dirigente egiziana e i mamelucchi e la famiglia Burji riuscirono a recuperare gran parte della loro influenza, ma rimasero vassalli degli ottomani.

Indipendenza mamelucca dagli ottomani[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1768, il sultano Ali Bey Al-Kabir dichiarò unilateralmente l'indipendenza dagli ottomani. Tuttavia, gli ottomani schiacciarono il movimento e mantennero la loro posizione dopo averlo sconfitto. A questo punto vennero inseriti nell'esercito dei soldati schiavi provenienti dalla Georgia nel Caucaso.

Napoleone sconfisse le truppe mamelucche nella Battaglia delle Piramidi nel corso della sua invasione dell'Egitto del 1798. In quella occasione i mamelucchi usarono la loro tattica della cavalleria, modificata soltanto per l'utilizzo dei moschetti.

Dopo la partenza delle truppe francesi nel 1801 i mamelucchi continuarono la loro lotta per l'indipendenza, questa volta contro l'Impero Ottomano e la Gran Bretagna. Nel 1803, i capi mamelucchi Ibrahim Beg e Usman Beg inviarono una lettera al console generale della Russia chiedendogli di fare da fare da mediatore con il sultano per permettere loro di negoziare un cessate il fuoco, e un ritorno in Georgia. L'ambasciatore russo a Istanbul rifiutò categoricamente di mediare perché il governo russo aveva paura di permettere ai mamelucchi di tornare in Georgia, dove un forte movimento di liberazione nazionale era in aumento ed avrebbe potuto essere incoraggiato da un ritorno mamelucco.

Nel 1805, la popolazione de Il Cairo si ribellò. Questa fu un'ottima occasione per i mamelucchi per conquistare il potere, ma le tensioni interne e il tradimento impedirono loro di sfruttare questa opportunità. Nel 1806, i Mamelucchi sconfissero le forze turche diverse volte, e nel mese di giugno le parti rivali conclusero un trattato di pace con il quale Mehmet Ali, che era stato nominato governatore d'Egitto il 26 marzo 1806, venne rimosso e l'autorità dello stato restituita ai mamelucchi. Tuttavia non furono ancora in grado di sfruttare l'opportunità a causa di conflitti tra i clan e Mehmet Ali mantenne la sua autorità.

Dipinto di un mamelucco, 1779.

Fine del potere mamelucco in Egitto[modifica | modifica wikitesto]

Mehmet Ali sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare i mamelucchi se avesse voluto il controllo dell'Egitto. Erano ancora i proprietari feudali d'Egitto e la loro terra era ancora la fonte di ricchezza e potere. Lo sforzo costante a sostenere la forza militare necessaria per difendere il sistema mamelucco dagli europei e dai mongoli li avrebbe poi indeboliti fino al punto di collasso.[5]

Il 1 marzo 1811, Mehmet Ali invitò tutti i capi mamelucchi nel suo palazzo per celebrare la dichiarazione di guerra contro Wahhabis in Arabia. Fra 600 e 700 mamelucchi giunsero a Il Cairo. Vicino alla porta Al-Azab, in una stretta strada sotto la collina di Mukatam, le forze di Mehmet Ali sorpresero e sterminarono quasi completamente le forze mamelucche in quello che è noto come Massacro della Cittadella. Secondo fonti dell'epoca, soltanto un mamelucco, il cui nome è indicato come Amim (o Amyn), o Heshjukur, sopravvisse costringendo il suo cavallo a saltare dalle mura della Cittadella, uccidendolo nella caduta.[6]

Durante la settimana seguente, centinaia di mamelucchi vennero uccisi in tutto l'Egitto; nella Cittadella de Il Cairo ne vennero uccisi più di 1.000. In tutto l'Egitto si stima ne sia stati uccisi 3.000 oltre ai loro familiari.

Nonostante questi tentativi di Mehmet Ali di sconfiggere i mamelucchi in Egitto, parte di loro si rifugiò nel sud dell'Egitto ed in quello che è oggi il Sudan. Nel 1811, questi mamelucchi fondarono uno stato a Dunqulah nel Sennar come base per la tratta degli schiavi. Nel 1820, il sultano di Sennar informò Mehmet Ali che non era in grado di dar seguito alla richiesta di espellere i mamelucchi. In risposta, il pasha inviò 4.000 uomini ad invadere il Sudan, liberandolo dai mamelucchi e reclamando il territorio all'Egitto. Le forze del pasha si sottomisero, i mamelucchi di Dunqulah vennero dispersi, venne conquistata Kordofan e Sennar si arrese.

Organizzazione sociale[modifica | modifica wikitesto]

I mamelucchi erano organizzati in famiglie sotto la guida di un Ustad. I mamelucchi aveva una forte lealtà verso il loro Ustad ed i loro compagni di reggimento. La fedeltà di un mamelucco verso i suoi compagni era chiamata khushdashiya (in arabo: خشداشية).

I figli dei mamelucchi non accedevano nei ranghi dei mamelucchi, e tendevano a fondersi con la società in generale. Le file dei mamelucchi erano sempre rifornite, importando schiavi freschi dall'estero.

Arte ed architettura[modifica | modifica wikitesto]

Come parte del loro ruolo scelto di difensori dell'ortodossia islamica, i mamelucchi sponsorizzavano numerosi edifici religiosi, tra moschee, madrasse e khanqahs. Anche se alcune di queste costruzione ebbe luogo nelle province, la maggior parte di questi progetti venivano realizzati nella capitale. [7] Molti edifici mamelucchi a Il Cairo sono visibili ancora oggi, particolarmente nella città vecchia.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Elizabeth Isichei, A History of African Societies to 1870, Cambridge University Press, 1997, p. 192.
  2. ^ David Ayalon, "Bahriyya", in the Encyclopaedia of Islam, 2nd ed.
  3. ^ Robert Irwin, The Middle East in the Middle Ages, 19-21
  4. ^ Al-Maqrizi, pp.140-142/vol.5
  5. ^ Abu-Lughod, Janet L. Before European Hegemony The World System A.D. 1250-1350. New York: Oxford UP, USA, 1991. PP. 213
  6. ^ Per l'uso del nome Amim, vedi Giovanni Finati, Narrative of the Life and Adventure of Giovanni Finati native of Ferrara, 1830; per Heshjukur, Mustafa Mahir, Marks of the Caucasian Tribes and Some Stories and Notable Events Related to Their Leaders, Boulaq, Cairo, 1892
  7. ^ "Mamluks" in Encyclopaedia of Islam, 2nd ed.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Abu al-Fida, The Concise History of Humanity or Chronicles.
  • Al-Maqrizi, Al Selouk Leme'refatt Dewall al-Melouk, Dar al-kotob, 1997.
  • Idem in English: Bohn, Henry G., The Road to Knowledge of the Return of Kings, Chronicles of the Crusades, AMS Press, 1969.
  • Al-Maqrizi, al-Mawaiz wa al-'i'tibar bi dhikr al-khitat wa al-'athar,Matabat aladab, Cairo 1996, ISBN 977-241-175-X
  • Idem in French: Bouriant, Urbain, Description topographique et historique de l'Egypte,Paris 1895.
  • Ibn Taghribirdi, al-Nujum al-Zahirah Fi Milook Misr wa al-Qahirah, al-Hay'ah al-Misreyah 1968
  • Idem in English: History of Egypt, by Yusef. William Popper, translator Abu L-Mahasin ibn Taghri Birdi, University of California Press 1954.
  • David Ayalon: The Mamluk Military Society. London, 1979.
  • Shayyal, Jamal, Prof. of Islamic history, Tarikh Misr al-Islamiyah (History of Islamic Egypt), dar al-Maref, Cairo 1266, ISBN 977-02-5975-6

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