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Compagnia Inglese delle Indie Orientali (1757-1858) |
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Compagnia Inglese delle Indie Orientali (1757-1858)from the Wikipedia | Read original article |
La Compagnia britannica delle Indie Orientali (British East India Company), fino all'Atto di Unione del 1707 Compagnia inglese delle Indie Orientali, nacque il 31 dicembre 1600[1], quando la regina Elisabetta I d'Inghilterra accordò una "carta" o patente reale che le conferiva per 21 anni il monopolio del commercio nell'Oceano Indiano.
Prima delle compagnie commerciali europee create nel XVII secolo per conquistare "le Indie" e dominare i flussi commerciali con l'Asia, essa trovò il suo posto accanto alla Compagnia Olandese delle Indie Orientali, la celebre VOC (Vereenigde Oostindische Compagnie), e prese il sopravvento sulla Compagnia francese delle Indie Orientali, che condusse alla rovina conquistando tutti i suoi possedimenti in India. Essa segnò profondamente il futuro Impero britannico.
Società anonima, sarebbe divenuta l'impresa commerciale più potente della sua epoca, fino ad acquisire funzioni militari e amministrative regali nell'amministrazione dell'immenso territorio indiano. Colpita in pieno dall'evoluzione economica e politica del XIX secolo, declinò progressivamente e poi scomparve nel 1874.
Dal suo quartier generale di Londra, la sua straordinaria influenza si estese a tutti i continenti: la Compagnia presiedette alla creazione dell'India britannica, il cosiddetto Raj, fondò Hong Kong e Singapore, ingaggiò Capitan Kidd per combattere la pirateria, impiantò la coltura del tè in India, tenne Napoleone prigioniero a Sant'Elena, e si trovò direttamente implicata nel celebre Boston Tea Party che funse da detonatore per la guerra d'indipendenza degli Stati Uniti.
I profitti assai ingenti della Compagnia sui primi viaggi in India spinsero il re Giacomo I ad accordare licenze ad altre compagnie commerciali in Inghilterra. Ma, finalmente, nel 1609 la patente della Compagnia venne rinnovata: esse si vide concedere il monopolio del commercio con le Indie Orientali per un periodo indefinito, ma che includeva una clausola che prevedeva che esso sarebbe cessato se gli affari della Compagnia fossero divenuti non profittevoli per tre anni di seguito.
La Compagnia era dotata di un capitale iniziale dei 72.000 sterline suddiviso tra 125 azionisti. Essa era gestita da un governatore e da 24 direttori che formavano la Corte dei Direttori. Essi venivano nominati ed erano responsabili davanti all'Assemblea dei proprietari.
Nel 1612 finalmente, i battelli appartenenti alla Compagnia approdarono a Surat che fu la prima filiale commerciale. Nel corso dei due anni successivi, essa si stabilì anche sulla Costa del Coromandel nel Golfo del Bengala. Fondò la sua prima manifattura a Surat.
Durante i primi anni, la Compagnia avrebbe avuto poco successo nel commercio delle spezie largamente dominato dai Paesi Bassi e non avrebbe potuto stabilire avamposti durevoli nelle Indie Orientali.
Nel 1615, Sir Thomas Roe fu inviato dal re Giacomo I presso l'imperatore moghul Jahangir. Lo scopo di questa missione era di ottenere per la Compagnia il diritto esclusivo di fondare filiali commerciali in certe piazze come Surat. In cambio essa proponeva di offrire all'imperatore prodotti europei. Fu dunque firmato un trattato e gli Inglesi poterono sviluppare piazzeforti a Surat, Bombay, Madras (dove fece fortuna Elihu Yale) e Calcutta. Nel 1647 la Compagnia disponeva in India di 23 filiali e 90 dipendenti.
Nel 1670 il re Carlo II accordò per decreto alla Compagnia il diritto di acquisire nuovi territori, di battere moneta, di comandare truppe armate e di esercitare la giustizia sui propri territori. Essa si avviava quindi a divenire una formidabile macchina di potere, in India ma anche in Inghilterra. Stanco del lobbismo politico e al fine di ridurre questa influenza, il Parlamento decise di rompere il monopolio della Compagnia e di permettere nel 1698 la creazione di una compagnia rivale, la "Compagnia Inglese per il Commercio verso le Indie Orientali" (English Company Trading to the East Indies). Ciò nonostante quest'ultima non sarebbe mai riuscita a competere con la "vecchia" Compagnia e alla fine le due si fusero insieme nel 1702.
Nel 1757, la vittoria di Robert Clive nella battaglia di Plassey, per conto della Compagnia, durante la Guerra dei Sette Anni segnò una battuta d'arresto alle pretese francesi in India, assicurando la supremazia britannica sulla penisola indiana e offrendo alla Compagnia il controllo del Bengala, la provincia più popolosa e redditizia. Incoronato dall'aureola delle sue numerose vittorie militari, e dopo un ritorno di cinque anni in Gran Bretagna, Clive fu nominato governatore del Bengala nel 1765.
Nel 1773 il Parlamento votò la "Legge di Regolamentazione" (Regulating Act) che impose alla Compagnia una serie di riforme economiche e amministrative. Venne inoltre nominato Warren Hastings alla carica di Governatore Generale delle Indie britanniche, creata per l'occasione. La Compagnia fu autorizzata a conservare il monopolio del commercio a certe condizioni, soprattutto finanziarie, ciò che avrebbe determinato a poco a poco il suo declino. Nel 1784 il governo, presieduto da William Pitt il Giovane, fece votare una nuova legge (Indian Act) al fine di separare d'ora in poi chiaramente il governo dei territori delle Indie Orientali (che spettava alla Corona) e l'attività commerciale (che spettava alla Compagnia). Quest'ultima dovette dunque d'ora in poi rendere conto alla Corona, ma ciò non le impedì di continuare a svilupparsi. Verso la metà del XIX secolo, la dominazione della Compagnia si estese infatti sulla maggior parte dell'India, sulla Birmania, su Singapore e Hong Kong, un quinto della popolazione mondiale passò così sotto la sua autorità. La Compagnia inoltre occupò le Filippine e realizzò la conquista di Giava. Registrando un problema di liquidità nei suoi acquisti di tè dalla Cina, lo risolse esportandovi oppio indiano: gli sforzi della Cina per mettere fine a questo commercio scatenarono le due Guerre dell'oppio con la Gran Bretagna.
Privata del suo monopolio commerciale nel 1813 e del commercio del tè della Cina vent'anni più tardi, la Compagnia perse infine le sue funzioni amministrative nel 1858 in seguito ai Moti indiani del 1857 (chiamati anche "Rivolta dei Sepoy" o "Guerra d'indipendenza indiana" ). Al principio dell'anno 1860 tutti i possedimenti della Compagnia passarono sotto il controllo della Corona. Il 1º gennaio 1874 la Compagnia delle Indie Orientali fu infine sciolta per decreto regolare.
La cosiddetta United East India Company per tutto il XVIII secolo era andata ampliando i propri territori indiani. La sua natura prettamente commerciale andò rapidamente trasformandosi nel corso del secolo in una sorta di ente politico con una vera sovranità territoriale. La compagnia era organizzata dapprima in "Presidenze" (Presidency)
Nella prima metà del XIX secolo era andata rapidamente ad annettere vastissimi territori indiani costituendo così un vero e proprio stato sotto l'egida del governo britannico. Andò così a costituirsi un sistema di governo diretto con i possessi immediati (cioè sotto la diretta amministrazione della compagnia inglese) e mediati (protettorati sui numerosi principati indiani). Intorno al 1840 territori indiani della compagnia erano così organizzati:
Livio Zanini, La Via del Tè. La Compagnia Inglese delle Indie Orientali e la Cina, Il Portolano, Genova, 2012, pp.168, ISBN 978-88-9505-11-92
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